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Il Risorgimento italiano è il periodo storico durante il quale l’Italia unifica i suoi territori diventando un unico stato.
I limiti cronologici sono quasi unanimemente considerati il Congresso di Vienna e la presa di Roma.
Per comprendere appieno il Risorgimento occorre fare una premessa: all’inizio del Medioevo, con il crollo dell’Impero romano, la penisola italiana si era frantumata in numerose entità territoriali che nel corso dei secoli avevano visto modificarsi di continuo i propri confini a seguito delle molte invasioni e dei rivolgimenti politici.
Nel XIX secolo l’Italia era divisa, almeno per quanto riguarda le formazioni statali più importanti, in questo modo: Piemonte e Sardegna facevano parte del Regno di Savoia, e dunque appartenevano ai francesi; la Lombardia, il Veneto, il Friuli e parte del Trentino costituivano il Regno Lombardo-Veneto, governato dagli austriaci; Umbria, Marche, Lazio ed Emilia-Romagna facevano parte dello Stato pontificio.
I protagonisti delle vicende che tratteremo sono Vittorio Emanuele II di Savoia, Camillo Benso di Cavour, Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini.
Dopo il Congresso di Vienna i confini geopolitici vennero ridisegnati a vantaggio delle potenze che avevano sconfitto Napoleone Bonaparte.
Molti in Italia sentivano l’esigenza di restituire alla penisola il carattere unitario che l’aveva contraddistinta in epoca imperiale, in modo che questa unità non fosse limitata ad una mera espressione geografica ma che l’Italia potesse trasformarsi in una grande potenza internazionale.
I divulgatori di queste idee, nel timore di subire ritorsioni da parte dei governanti, fondarono delle vere e proprie società segrete. Tra queste vi era la Carboneria: inizialmente ne fece parte lo stesso Mazzini, che tuttavia in seguito fondò una nuova società chiamata Giovine Italia.
Il percorso che dovette affrontare l’Italia per arrivare all’unità nazionale fu lungo, e occorsero ben tre guerre di indipendenza per raggiugere il traguardo.
La prima guerra di indipendenza scoppiò nel 1848, quando il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia radunò volontari provenienti dai diversi stati della penisola per creare un esercito antiaustriaco. Questo primo tentativo di cacciare gli austriaci si risolse tuttavia in un fallimento.
Nel 1855 il Regno di Sardegna prese parte alla guerra di Crimea alleandosi con la Francia contro la Russia.
La sconfitta di quest’ultima portò ad una stabile alleanza franco-piemontese che si rivelò preziosa qualche anno dopo: nel 1859, con la seconda guerra di indipendenza, Francia e Piemonte sconfissero l’Austria. A seguito di questa vittoria il Regno di Sardegna ottenne la Lombardia.
Sulla scia dell’entusiasmo per il successo conseguito venne organizzata la spedizione dei Mille, con la quale i Savoia ottennero l’Italia meridionale e a seguire quella centrale.
Cinque anni più tardi si combatté la terza guerra d’indipendenza, grazie alla quale il Regno di Sardegna realizzò l’annessione del Veneto.
Nel 1870 fu conquistata Roma, mentre per i territori alpini si dovette aspettare la prima guerra mondiale.
La celebre frase “Fatta l’Italia bisogna fare gli Italiani”, attribuita a Massimo d’Azeglio (che precedette Cavour nella Presidenza del Consiglio) ci fa comprendere tuttavia che l’unificazione politica non aveva potuto annullare le vistose differenze culturali presenti sul territorio italiano.