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Il simbolo del cuore occupa un ruolo di primaria importanza, in particolare nell’ambito della tradizione cristiana, dove si manifesta attraverso il Sacro Cuore, emblematico di una connessione fondamentale con il divino e del centro dell’esistenza umana. I simboli rivestono un’importanza cruciale per la comprensione e la comunicazione della verità, specialmente per quanto concerne il legame tra l’uomo e il divino; ogni aspetto della realtà può infatti essere interpretato come un riflesso di verità superiori.

Il cuore e il sole sono simboli interconnessi in diverse tradizioni culturali, ognuno dei quali riveste un significato profondo e multifaccia. Si osserva che la rappresentazione del sole avviene attraverso raggi dritti o ondulati; tali tipologie di raggi si ritrovano anche nella simbolica del cuore.

Un esempio significativo è offerto da un bassorilievo del XV secolo proveniente dalla Certosa di San Denis, nel quale il cuore è collocato al centro di due cerchi, uno dedicato ai pianeti e l’altro ai segni zodiacali. In questo contesto, il cuore simboleggia il centro del mondo, tanto in termini spaziali quanto temporali.

Tradizionalmente, il cuore è spesso associato al sole; quest’ultimo rappresenta lo spirito e l’intelligenza, mentre il cuore è percepito come il “centro” dell’essere, un luogo di calore e vitalità. Nel passato, il cuore era considerato la sede dell’intelligenza, mentre oggi viene spesso ridotto a mero emblema di affettività. Tale evoluzione ha comportato un fraintendimento del suo significato originale.

È importante evidenziare la distinzione tra la ragione, che risiede nel cervello, e l’intelligenza, ascritta al cuore. Si suggerisce che amore e intelligenza siano due aspetti inseparabili di una verità più profonda. La modernità ha portato a enfatizzare il sentimento, relegando l’intelligenza a un ruolo secondario. Tuttavia, è fondamentale ricordare che la vera intelligenza e il vero amore sono manifestazioni di una connessione profonda.

Riconoscere chiaramente i rapporti tra le varie modalità di esistenza, come affetti e intelligenza, è cruciale per riconoscere il cuore come elemento centrale della vita umana. I simboli del cuore e del sole, rappresentanti di intelligenza e spiritualità, hanno visto il loro significato evolversi nel tempo, influenzato dalla cultura e dalla modernità.

Inoltre, è doveroso esaminare la relazione tra il cuore e il cervello nell’essere umano, evidenziando come questi due elementi rappresentino aspetti complementari della sua esistenza. L’uomo è descritto come un essere verticale, simbolo di stabilità e aspirazioni elevate, portando le sue idee, preghiere e sentimenti più puri come incenso innalzato verso il cielo.

In questo contesto, l’essere supremo ha concepito un “tempio”, simbolicamente rappresentato dal cuore umano, che funge da punto di contatto tra l’umano e il divino, un centro di movimento che infonde significato all’esistenza umana. Sebbene l’uomo possieda un cervello, esso è paragonato a uno strumento che opera in un contesto più ampio. Il cervello è legato al pensiero razionale, che risulta limitato rispetto alla conoscenza intuitiva e diretta proveniente dal cuore.

La dualità presente nell’essere umano, tra cuore, sede dell’intuizione e della connessione spirituale, e cervello, sede del ragionamento e del pensiero logico, si configura come una condizione di caduta, in cui l’essere umano si allontana dalla propria unità spirituale. È importante riconoscere che il cuore, nel suo significato di vera intelligenza e intuizione, è superiore al cervello, concepito come una facoltà che riflette le verità più profonde piuttosto che generarle.

Il cuore deve essere inteso non solamente come un organo, ma come il fulcro dell’essere umano, rappresentante l’unione con il divino e la sorgente di vera conoscenza e felicità, mentre il cervello è un mero riflettore di questa sapienza. L’essere umano è impegnato in una continua ricerca di riconnessione alla propria dimensione spirituale. Questo movimento verso l’unità è essenziale per rinvigorire equilibrio e felicità.

Il passaggio dal cuore al cervello, e viceversa, simboleggia un viaggio interiore dell’individuo, il quale può realizzare la sua vera essenza e la connessione con l’universo e con il sacro solamente attraverso l’intuizione e l’esperienza spirituale, piuttosto che attraverso un pensiero razionale e analitico.

Pertanto, è opportuno analizzare i simboli condivisi sia dalla tradizione cristiana che dalla massoneria, in particolare il triangolo e l’occhio che tutto vede. Nel simbolismo massonico, il triangolo è spesso rappresentato con un occhio al suo interno, simbolo di saggezza o conoscenza, talvolta associato al “terzo occhio”, un concetto spirituale che simboleggia una visione superiore o intuizione.

Il triangolo, costantemente al centro, simboleggia un equilibrio e una connessione tra forze diverse, come il sole (maschile) e la luna (femminile). L’occhio nel triangolo non dovrebbe essere come un semplice occhio umano, ma piuttosto come un occhio universale capace di percepire tutto, legato a concetti di verità e comprensione.

Quando il triangolo è rovesciato, esso evoca diverse nozioni, tra cui quella del cuore umano e della provvidenza, suggerendo un’esplorazione su come l’energia divina possa manifestarsi nel mondo terreno. L’occhio al centro del triangolo rovesciato è associato al “cuore”, simboleggiando amore e compassione, e stabilendo un legame tra la ferita nel cuore di Cristo e l’idea di sorgente di vita o mortalità.

Nel contesto cristiano, il sangue e l’acqua che fluiscono dal cuore di Cristo simboleggiano vita e sacrificio, evocando l’idea di fertilità e rinascita. L’interconnessione tra i diversi simboli (triangolo, occhio, cuore) rappresenta conoscenza, amore e divinità, un tema presente sia nel cristianesimo che nella massoneria, circostanza che merita di essere compresa nel suo significato più profondo.

In aggiunta, è opportuno esplorare i concetti mistici e simbolici riguardanti la lettera ebraica “Yod” (י), connessa al cuore e a idee spirituali più ampie. La lettera “Yod”, simbolo del principio divino e dell’unità, è associata al cuore, considerato un elemento fondamentale nell’alfabeto ebraico, da cui derivano altre lettere.

In un passaggio rinvenibile nel Marmo Astronomico di Saint-Denis, si nota una ferita a forma di “Yod” nel cuore, suggerendo un significato spirituale profondo a tale connessione. La ricorrenza di “Yod” può anche simboleggiare la Trinità, un concetto presente in varie tradizioni religiose.

Il cuore è contemplato come il punto centrale dell’esistenza, sia a livello cosmico (come centro del mondo nella cabala) sia a livello individuale, dove il cuore di ciascun individuo diventa un punto di contatto con il divino. La lettera “Yod” ha anche un significato di germoglio, il che implica che nel cuore risieda un seme divino, un potenziale di crescita e manifestazione spirituale.

Il granello di senape, citato nel Vangelo, simboleggia qualcosa di piccolo che, una volta cresciuto, raggiunge dimensioni grandi. Questo concetto è in armonia con l’idea che il divino risieda anch’esso nel cuore, dai cui recessi può emergere la grandezza. Si notano somiglianze tra la visione cristiana e quella indù, entrambe suggestive di una realtà divina presente nel cuore, intesa tanto come piccola quanto come grande.

Secondo il Vangelo, il Regno di Dio non è un fenomeno che si manifesta esternamente, ma risiede dentro di noi, un’idea che rimarca che la vera attività divina si realizza a livello interiore prima di manifestarsi esteriormente. Esiste una connessione profonda tra tutti gli esseri, la quale esprime un’aspirazione comune verso l’unità e la perfetta armonia; ciò è rappresentato nella formula “io e loro e tu siamo perfezionati in unità”.

La venuta del “Regno di Dio” è concepita come un ritorno all’armonia originaria dell’universo, dove umanità e divinità si uniranno completamente. In sintesi, è di grande importanza riflettere spiritualmente su come il cuore, simboleggiato dalla lettera “Yod”, rappresenti il punto di contatto tra l’umanità e il divino, suggerendo che ogni persona possiede un potenziale spirituale profondo che deve essere coltivato per raggiungere unità e armonia.

Il concetto di “cuore” nell’essere umano va oltre la mera nozione fisiologica, poiché si erge come simbolo della dimensione spirituale e divina presente in ciascun individuo. Il cuore è considerato il centro vitale dell’essere umano e, sebbene il suo significato fisico sia chiaro (essendo un organo che pompa sangue), il suo significato simbolico si estende ben oltre. Esso rappresenta l’essenza e la vitalità dell’essere stesso.

Le dottrine tradizionali identificano il cuore come un simbolo di realtà spirituale, essendo un punto di connessione tra il divino e l’umano. Quando si fa riferimento a “lettere nel cuore”, ci si riferisce a una conoscenza profonda e intima che risiede in noi, espressione della natura divina.

La “conoscenza del cuore” trascende l’elemento fisico e materiale, approdando a una consapevolezza profonda che rappresenta un incontro con la dimensione spirituale. Essa implica il riconoscimento che, oltre le apparenze, esiste una realtà interiore che connette ciascuno a un principio divino.

Pertanto, il cuore assume la funzione di punto di contatto tra l’individuale e l’universale, tra l’uomo e il divino. In questo contesto, non è solamente il luogo dell’anima, ma simboleggia anche l’unità tra la nostra essenza personale e l’assoluto universale. È cruciale riconoscere che numerose tradizioni spirituali, siano esse orientali o occidentali, impiegano simboli per rappresentare queste verità. La comprensione di tali simboli necessita di un’interpretazione che vada oltre la mera lettura superficiale.

Solo tramite la consapevolezza e la reale conoscenza del nostro “cuore” si può sperimentare una connessione con il divino. Ciò implica un processo di crescita personale e spirituale, in cui la verità divina illumina e permea ogni aspetto dell’esistenza. È doveroso riflettere sull’importanza della dimensione spirituale presente dentro di noi e come il cuore, sia a livello fisico che simbolico, rappresenti l’intersezione tra il nostro essere individuale e il principio divino universale.

Infine, emerge il simbolismo della “città divina” e il ruolo di Purusha, un principio divino che incarna l’essenza e il centro dell’esistenza. L’immagine della “città divina” descrive il centro dell’essere umano, corrispondente al cuore nel corpo. Questo cuore è concepito come la residenza di Purusha, la forza divina che regge e organizza tutte le facoltà dell’essere.

Purusha viene definito “colui che risiede”, termine che indica una presenza profonda e primaria all’interno dell’essere stesso. Definito il cuore come un punto di riferimento, senza tale presenza l’essere sarebbe “vuoto”, privo della sua vitalità e funzione. Seppure le città possono esistere grazie alla pluralità dei loro abitanti, tale molteplicità è possibile solo grazie all’unità fondamentale rappresentata da Purusha. In altre parole, la diversità degli individui è significativa solo poiché tutti sono animati dalla medesima essenza divina.

Si menziona una distinzione tra Purusha “distruttibile” e “indistruttibile”, riflettendo l’idea che vi è una parte di noi (il corpo, ad esempio) che è temporanea e in continua evoluzione, e un’altra parte (l’anima, o essenza divina) che è eterna e immutabile. La relazione tra Purusha e le facoltà di un essere è paragonata a quella di un re e dei suoi sudditi: sebbene il re rivesta un ruolo unico e di comando, i sudditi non sono completamente dipendenti da lui, poiché mantengono un certo grado di autonomia.

Il concetto di città divina è applicabile tanto a livelli individuali (microcosmo) quanto a contesti più ampi (macrocosmo), abbracciando l’intero universo. In entrambi i casi, il principio divino di Purusha rimane centrale e fondamentale. Il sole, infine, è utilizzato come simbolo aggiuntivo per rappresentare il cuore del mondo, da cui scaturiscono l’energia e la vita, riflettendo l’idea che tutti gli esseri viventi ricevano la loro essenza e vitalità da un’unica fonte centrale.

Il profondo legame tra l’essere umano, la città divina e il principio di Purusha illustra come la pluralità dei contenuti dell’esistenza sia possibile grazie a un’unità fondamentale e divina.

L’articolo di Charbonneau Lassay analizza il nesso tra il cuore di Gesù, l’Eucaristia e la leggenda del Santo Graal. In particolare, viene evidenziato come il Graal possa essere concepito come simbolo del cuore di Cristo, in quanto rappresenta la coppa che ha contenuto il suo sangue durante l’Ultima Cena e, successivamente, dopo la sua morte.

La leggenda del Santo Graal, risalente al XII secolo ma radicata in tradizioni celtiche di epoche ben più remote, impiega l’immagine di un vaso, identificato quale simbolo del cuore. Questo vaso, secondo la tradizione, sarebbe stato creato dagli angeli e rappresenterebbe non solo il sangue di Cristo, ma anche l’idea di un centro spirituale, un vero e proprio “cuore del mondo”.

In un contesto cristiano, il Graal è percepito come un mezzo per connettere l’umanità a Dio e, in particolare, alla figura di Cristo. L’articolo suggerisce che il Graal e la nozione del cuore sono simboli presenti in molteplici tradizioni. Inoltre, il numero dodici dei Cavalieri della Tavola Rotonda può essere interpretato come un rimando ai Dodici Apostoli di Gesù, suggerendo un legame intrinseco tra il Cristianesimo e le antiche credenze spirituali.

La tavola rotonda viene descritta come un simbolo antico che incarna l’unità e il ciclo della vita, con i suoi dodici cavalieri che riflettono l’idea di un centro spirituale. Pertanto, il Graal, associato al cuore di Cristo, si configura come un simbolo di ricerca spirituale e di riconnessione con il divino.

In sintesi, l’articolo esplora come il Santo Graal non rappresenti soltanto un oggetto leggendario, ma sia un simbolo che racchiude le profondità spirituali della fede cristiana e delle antiche tradizioni religiose. Successivamente, viene esaminata la complessità simbolica del Santo Graal, il quale viene descritto sia come un vaso sia come un libro. In alcune tradizioni, il Graal è ritenuto contenere un’iscrizione sacra, associata a temi religiosi quali il “libro della vita”. Inoltre, il Graal è collegato ad altri simboli, tra cui una lancia, nota nella tradizione cristiana come la “Lancia del Centurione”, la quale è considerata avere il potere di guarire. Questo richiamo rinvia a miti antichi, tra cui quello di Adone, il cui sangue trasforma il terreno in fiori, parallelo a come il sangue del Crocifisso generi rose.

L’articolo sottolinea che i simboli, come il Graal, il triangolo con la punta rivolta verso il basso e il cuore, possiedono molteplici significati e possono essere interpretati diversamente a seconda del contesto. Il triangolo è visto sia come simbolo della coppa sacrificale sia come manifestazione del cuore, evidenziando la connessione tra elementi spirituali e aspetti materiali. Si segnala che i simboli possono avere interpretazioni opposte, il che rende necessario un attento esame per coglierne il significato autentico. Un altro simbolo ricorrente in questa discussione è il fiore, che rappresenta un vaso sacro, fungendo da metafora per la vita e la morte.

L’articolo si conclude suggerendo l’esistenza di tradizioni primordiali comuni che collegano tali simboli, e mette in evidenza come molti studiosi, pur riconoscendo l’esistenza di tali tradizioni, talvolta ne trascurino l’importanza e la continuità nel tempo

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