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René Guénon discute sull’importanza cruciale della civiltà islamica nella formazione della cultura europea, evidenziando come la storia insegnata nelle università europee spesso trascuri o minimizzi tale influenza. Molti storici, spinti da pregiudizi, ignorano il contributo islamico, rendendo invisibili fatti significativi, come il periodo di dominazione islamica in Spagna, Sicilia e sud della Francia. Si sottolinea che la cultura europea, lungi dall’essere un’eredità diretta della civilizzazione ellenica, ha ricevuto in realtà molte delle sue conoscenze scientifiche e filosofiche attraverso gli studiosi islamici. L’importanza della lingua araba e il suo impatto su termini di uso comune nelle lingue europee dimostrano l’influenza profonda della cultura islamica. Le scienze naturali, come la chimica e l’astronomia, hanno mantenuto terminologie arabe, rivelando la trasmissione di idee dal mondo islamico verso l’Occidente. Inoltre, la matematica è stata profondamente influenzata con l’algebra e le cifre “arabe” che, in realtà, hanno origini indiane. René Guénon evidenzia anche l’impatto della cultura islamica sulle arti, in particolare sull’architettura e la letteratura, dimostrando che molte idee e stili europei sono derivati dalle opere islamiche. La filosofia medievale europea non può essere compresa pienamente senza riconoscere le sue radici islamiche, in particolare quelle fiorite in Spagna. In conclusione, l’autore sottolinea quanto sia essenziale riconoscere e valorizzare l’eredità culturale e scientifica che l’Europa deve alla civiltà islamica, un aspetto spesso trascurato nella narrazione storica tradizionale.

Secondo Guénon l’Islam ha una duplice essenza religiosa e metafisica e si può definire esoterico l’aspetto metafisico.

L’esoterismo è sempre e ovunque lo stesso, ma i metodi usati per arrivare alla vera conoscenza della realtà non sono identici dovunque.

L’esoterismo è la strada aperta a tutti. La Shariah include quello che noi occidentali chiamiamo religione. L’esoterismo comprende non solo la haqiqah, ma anche i mezzi che permettono di raggiungerla; l’insieme di tali mezzi è detto tariqah, “via” o “sentiero”,che dalla shairiah conduce verso la haqiqah.

L’esoterismo è designato con il termine iniziazione, ma gli occidentali hanno coniato il termine sufismo per designare in modo specifico l’esoterismo islamico. Il termine sûfi significa colui che ha raggiunto il gradino più alto.

La verità è che il Sufismo è arabo come il Corano stesso dal quale deriva i suoi principi direttamente, ma per ritracciarveli occorre comprendere e interpretare il Corano secondo le haqâiq che ne costituiscono il senso profondo e non semplicemente con i procedimenti linguistici logici e teologici degli ulamâ ez-zâhir o dottori della shariah la cui competenza è limitata all’ambito essoterico. Non vi può mai essere contraddizione né conflitto ed essere contrapposti l’esoterismo e l’essoterismo, perché il primo trova la sua base nel secondo. Entrambi sono due facce della stessa medaglia.

Bisogna precisare che l’esoterismo islamico non ha nulla a che fare con il misticismo.

Nella sua essenza la dottrina iniziatica è puramente metafisica nel senso vero e originario del termine. Nell’Islam come nelle altre forme tradizioni la dottrina iniziatica viene applicata a un complesso di scienze tradizionali. Tali scienze sono come sospese ai principi metafisici da cui dipendono e discendono interamente e traggono da tale collegamento e dalle trasposizioni che esso consente tutto il loro reale valore, sono quindi, seppure a un rango secondario e subordinato, parte integrante della dottrina stessa e non certo aggiunte più o meno artificiali o superflue.

Le scienze cosmologiche rientrano nell’ermetismo. La chimica rientra nell’alchimia.

L’astrologia, l’alchimia e anche la scienza delle lettere non fanno altro che tradurre le medesime verità nei linguaggi propri a differenti ordini di realtà collegati fra loro dalla legge corrispondenza simbolica; e, in virtù di questa stessa analogia, tali scienze debitamente trasposte trovano applicazione nell’ambito del microcosmo, oltre che in quello del macrocosmo, poiché il procedimento iniziatico riproduce in tutte le sue fasi il processo cosmologico stesso.

Per avere la conoscenza di tutte queste correlazioni occorre essere giunti a un grado assai elevato nella gerarchia iniziatica, chiamato grado dello zolfo rosso.

Chi possiede questo grado, attraverso la scienza del simiyâ, può operare determinate permutazioni su lettere e numeri, influenzando così sia questi ultimi che le corrispondenze nel contesto dell’ordine cosmico.

Il jafr è un’applicazione di queste medesime scienze alla previsione degli eventi futuri nella quale intervengono le leggi cicliche.

Il rapporto tra essoterismo ed esoterismo si può paragonare a un frutto. L’involucro è la shariah ossia la legge religiosa che si rivolge a tutti. Il nocciolo è haqiqah ovvero la verità o la realtà essenziale che non è alla portata di tutti.

Per passare dall’involucro al nocciolo occorre seguire uno dei raggi detti tarîqah ossia il sentiero. Vi è una moltitudine di turuq da prendere, ma tutti questi sentiti portano al nocciolo ovvero all’essenziale stato primordiale.

(La dottrina dell’unità, ovvero il principio di ogni esistenza, è essenzialmente uno: è un punto fondamentale comune a tutte le tradizioni ortodosse. Quando si tratta dell’unità ogni diversità scompare ed è solo scendendo verso il molteplice che le differenze di forma appaiono, poiché i modi di espressione sono allora essi stessi molteplici come ciò cui si riferiscono e suscettibili di variare indefinitamente per adattarsi alle circostanze di tempo e di luogo.

La dottrina dell’unità è unica, ossia è ovunque e sempre la stessa invariabile come il principio indipendentemente dalla molteplicità e dal cambiamento che possono influenzare solo le applicazioni di ordine contingente. Contrariamente all’opinione corrente, non vi è mai stata in alcun luogo una dottrina che fosse realmente politeista, cioè che ammettesse una pluralità di principi assoluta e irriducibile. Un tale pluralismo è possibile solo come deviazione risultante dall’ignoranza e dall’incomprensione delle masse, dalla loro tendenza ad appigliarsi esclusivamente alla molteplicità del manifestato. Da ciò l’idolatria in tutte le sue forme generata dalla confusione dei simboli in se stessa con ciò che è chiamato a significare e la personificazione degli attributi divini considerati come altri esseri indipendenti, il che costituisce la sola possibile origine di un politeismo.)

René Guénon espone un concetto chiamato “dottrina dell’unità”, che afferma che alla base di tutto ciò che esiste c’è un’unica realtà fondamentale. Questo principio è comune a tutte le tradizioni spirituali e religiose ortodosse.

Quando si parla di unità, le differenze scompaiono; è solo quando ci si allontana da questa unità che emergono le diversità. Le varie espressioni e forme che vediamo nel mondo sono molteplici e cambiano nel tempo e nello spazio.

La dottrina dell’unità è sempre la stessa e non cambia, a prescindere dalle diverse manifestazioni che possono apparire nella nostra realtà. L’idea che possano esistere molteplici principi fondamentali (il politeismo) è vista come un’illusione, frutto della confusione e della scarsa comprensione delle persone. Questa confusione porta a interpretare simboli e attributi divini come se fossero divinità separate, il che genera l’idea di politeismo.

In sintesi, René Guénon sostiene che esiste un’unica verità universale che tutte le tradizioni riconoscono, mentre le differenze sono solo apparenze superficiali causate dalla nostra percezione limitata.

Cercherò di spiegare in termini semplici El-Faqr secondo René Guénon. Quest’ultimo parla di contingente per riferirsi a qualcosa che non ha motivo di esistere da solo, ossia la sua esistenza dipende da qualcos’altro. Gli esseri umani, in quanto individui, non hanno un’esistenza indipendente; sono contingenti.

Tutti gli esseri, compresi gli esseri umani, sono totalmente dipendenti da un principio o una realtà più grande. Senza questo principio non esisterebbero.

Riconoscere questa dipendenza è quello che viene definito “povertà spirituale”. Significa che per essere pienamente consapevoli di questa condizione, si tratta di un atteggiamento di umiltà e accettazione.

Quando una persona realizza che tutto ciò che la circonda è temporaneo e insignificante rispetto alla verità più profonda e duratura, inizia a distaccarsi da queste cose materiali e manifestate.

In sintesi possiamo affermare che la nostra esistenza è legata a qualcosa di più grande e che comprendente questa verità porta a una forma di umiltà e distacco dai beni materiali.

René Guénon fa una differenza tra azioni con desiderio e azioni senza desiderio facendo riferimento all’insegnamento della Bhagavad Gîtâ, un testo sacro indiano, che spiega che le azioni compiute senza attaccamento ai risultati sono quelle che conducono a una vera realizzazione spirituale. Nella Bhagavad Gîtâ, si sottolinea l’importanza dello ‘karma yoga’, ovvero il percorso dell’azione disinteressata, dove l’individuo agisce secondo il proprio dharma senza lasciarsi influenzare dalle ricompense o dalle conseguenze delle proprie azioni. Questo approccio favorisce la liberazione dal ciclo del desiderio e della sofferenza, permettendo di elevarsi a uno stato di coscienza più profondo e autentico.

Il distacco dall’attaccamento ai frutti delle proprie azioni porta ad agire senza desiderare i risultati delle proprie azioni. Questo tipo di approccio permette di liberarsi dalla catena senza fine delle conseguenze dell’azionista, come la nascita e la morte.

La filosofia taoista invita a uscire dalla molteplicità e dalle difficoltà della vita. L’idea è che passando da una “circonferenza” (le ferie esperienze della vita) a un “centro” (un luogo di calma e stabilità), ci si riconnette a uno stato di vuoto che rappresenta l’unità profonda. Questo vuoto non è una mancanza, ma uno stato di pace e tranquillità. Chi raggiunge questa pace profonda si stabilisce in uno stato di quiete. Tornare alle proprie radici significa ritrovare questa calma interiore, che è anche descritta come una forma di pace nell’esoterismo musulmano. In sintesi possiamo dire che il distacco dai desideri e dai risultati delle azioni porti a una profonda tranquillità e unità con se stessi.

La pace profonda, che si trovare nell’esoterismo musulmano, è collegata a una connessione con il divino. Questa connessione si realizza quando si raggiunge un’unione con un principio spirituale centrale, che è essenziale per la vera comprensione.

Il ritorno a uno stato primordiale di unità rappresenta la differenza tra la conoscenza elevata e quella ordinaria. Questa unità semplice è paragonata a uno stato di “infanzia”, inteso in senso spirituale, che è visto come una fase necessaria per acquisire una conoscenza profonda, simile a quanto affermato nel Vangelo, dove si dice che si deve accogliere il regno di Dio con la semplicità di un bambino per potervi entrare.

In parole semplici, occorre riscoprire una connessione profonda con il divino, che richiede una mente aperta e semplice, proprio come un bambino.

 La semplicità e la modestia sono collegate a una forma di povertà, che secondo il Vangelo è considerata una virtù. Quando si dice “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”, si intende che chi vive con umiltà e senza attaccamenti materiali può avvicinarsi a una condizione di pace interiore e spirituale.

Il riferimento all’esoterismo musulmano, in particolare al concetto di “El-Fanâ”, significa l’estinzione dell’ego. Questa estinzione avviene quando una persona supera le proprie distinzioni personali e raggiunge un equilibrio perfetto, oltre le differenze e i conflitti.

Nella condizione originaria dell’essere umano non esistevano tali distinzioni; tutto ciò che ci divide è frutto delle esperienze e delle interazioni nel mondo. Quando una persona riesce a ridurre il proprio ego e le proprie esigenze a quasi nulla, si avvicina al centro della sua essenza spirituale, sperimentando una sorta di vuoto o assorbimento in qualcosa di più grande.

Ad esempio immaginiamo una ruota: più un essere si avvicina al centro, più il suo movimento e le sue differenze si riducono. In sintesi, la semplicità e l’umiltà sono vie per raggiungere un profondo equilibrio interiore e un’unione spirituale.

La condizione ideale di esistenza in cui un essere ha raggiunto uno stato di armonia e unità con l’infinito può essere semplificata in sei punti:

  1. Assenza di conflitto: questo essere non ha più conflitti con gli altri perché esiste in uno stato di calma e tranquillità, lontano da tensioni e opposizioni.
  2. Punto di partenza: si trova in un luogo simbolico chiamato “punto neutro”, dove non esistono contrasti. Qui, il suo essere è puro e integra tutte le sue potenzialità.
  3. Unione con la fonte: ha una connessione profonda con il principio fondamentale da cui tutto ha origine, il “principio di tutte le Genesi”.
  4. Integrità e resilienza: la sua natura è completa e il suo spirito è forte. Di conseguenza, nessuno può danneggiarlo o metterlo in difficoltà.
  5. Semplicità: il concetto di semplicità a cui si fa riferimento è l’assenza di complessità e opposizioni. Questo stato di semplicità permette all’essere di avere potere e controllo sugli altri, a tal punto che nulla può ostacolarlo.
  6. Immunità: infine, si afferma che nemmeno gli elementi naturali, come il fuoco e l’acqua, possono danneggiarlo, il che sottolinea la sua forza e il suo stato di sicurezza.

In sintesi, si tratta di un essere che ha raggiunto un perfetto equilibrio e unità, trovandosi in un luogo in cui non ci sono conflitti e da cui ha potere su tutto ciò che lo circonda.

Questo punto centrale, è simile a un centro che non cambia. Da questo punto, si irradiano sei direzioni, come fossero raggi che si allontanano. Quando queste direzioni tornano verso il centro, si neutralizzano due a due, e nel centro stesso non c’è più movimento né opposizione. Questo significa che al centro si trova un’unità immutabile, un principio che non può essere influenzato o contrapposto a qualcosa.

L’idea centrale è che in questo stato di unità non ci sono opposizioni reali. Le opposizioni, come quella tra fuoco e acqua (che rappresentano forze opposte nel mondo), non possono esistere nel contesto di questo centro, poiché sono dimensioni relative che richiedono due poli per essere comprese.

Questo centro ha una connessione con qualcosa di più alto e che gli esseri che non riescono a elevarsi o a superare queste opposizioni sono legati a una dimensione inferiore di conoscenza o esistenza. In sostanza, esplora la relazione tra unità e opposizione e come, nel centro immutabile, le dualità perdono la loro rilevanza.

  1. Povertà, semplicità e infanzia: queste tre parole sono collegate e rappresentano un valore essenziale della vita. Sono tutte forme di “essenzialità”, cioè ciò che è fondamentale e necessario.
  2. Essenzialità: significa vivere con quello che è davvero importante, senza sovraccaricarsi di cose superflue. La povertà, in questo contesto, non è solo una mancanza di denaro, ma può significare una vita più semplice e concentrata su ciò che conta realmente.
  3. Pienezza dell’essere: la “pienezza” si riferisce a una vita piena e soddisfacente, che non dipende da molte cose, ma dalla connessione con l’essenziale.
  4. Non agire e pienezza dell’attività: qui si suggerisce che spesso nella vita il vero potere o la vera completezza vengono dal fare meno o dal non agire forzatamente. Anche se non stiamo agendo attivamente, possiamo comunque realizzare tanto.
  5. Principio che non agisce: si tratta di una riflessione sul fatto che ci sono forze o principi fondamentali (come l’amore, la natura) che operano senza forzare o affrettare le cose.

In sostanza, il messaggio è che povertà, semplicità e infanzia ci insegnano che la vera ricchezza sta nell’essenziale. Vivere con meno può portarci a una vita più piena e significativa, dove ciò che conta di più è più chiaro.

René Guénon ci spiega il concetto di Er-Rûh. Secondo alcune tradizioni nella scienza delle lettere, la creazione del mondo non avviene a partire dalla prima lettera dell’alfabeto (l’alif), ma dalla seconda lettera (la ). Questo perché, mentre l’unità rappresentata dall’alif è fondamentale come principio iniziale, essa implica anche la presenza di una dualità, ossia due aspetti opposti e complementari. Questi due aspetti sono simboleggiati dalla forma della , che ha due estremità.

In altre parole, la creazione nasce dalla relazione tra l’unità (alif) e la dualità (). La , quindi, diventa essenziale nel processo di creazione, poiché rappresenta lo spirito universale (Er-Rûh), che è visto come luce. Questa luce è il risultato di un comando divino che dà origine a tutto ciò che esiste.

Il concetto chiave qui è che prima della dualità (rappresentata dalla ) esiste solo l’unità (l’alif). Prima di qualsiasi cosa possa esistere nel mondo, c’è una volontà suprema che afferma l’essere puro.

In sintesi, la creazione si sviluppa da un’unità iniziale, che diventa manifestazione attraverso la dualità, e questo processo è rappresentato simbolicamente dalle lettere alif e .

L’interazione e sul significato profondo che rappresentano nel contesto dell’esistenza universale e della creazione delle lettere alif e bâ. Questa interazione si può spiegare sinteticamente nel seguente modo:

  1. Alif come asse del mondo: la lettera alif viene vista come un simbolo centrale che rappresenta l’unione e la connessione con il divino. La sua forma verticale simboleggia il collegamento tra il cielo e la terra.
  2. Bâ come passività: la lettera , che ha una forma più orizzontale, simboleggia ciò che è passivo, ricevendo l’energia e l’ordine dal “principio attivo” rappresentato dall’alif. Questo riflette un concetto più ampio di unità (alif) e dualità ().
  3. Relazione tra principio attivo e passivo: questo rapporto tra alif e illustra come l’energia divina (attiva) si manifesta nel mondo materiale (passivo). L’alif è il principio creativo, mentre la rappresenta ciò che è stato creato.
  4. Distinzione tra divino e creato: si parla di un confine o limite (borzakh) tra l’essenza divina (el-haqq) e il creato (el-khalq). Questo confine è fondamentale per comprendere come la creazione è separata dal suo principio divino ma anche collegata ad esso.
  5. Er-Rûh (spirito): il termine “er-Rûh” si riferisce allo spirito, che può essere interpretato in vari modi. Può rappresentare lo spirito universale o la parte divina presente in ogni essere vivente. A seconda del contesto, può anche riferirsi a un angelo o a un’entità specifica.

La connessione tra il divino e il creato attraverso simboli come alif e , mentre “er-Rûh” funge da mediatore tra queste due realtà. Questo approccio riflette una comprensione profonda della spiritualità e della relazione tra l’uomo e il divino.

René Guénon esplora concetti profondi legati all’esoterismo, all’angelologia e alla figura del Profeta nell’Islam, in particolare attraverso la figura di Metatron e il concetto di “er-Rûh” (lo Spirito).

Cercherò di fare una spiegazione semplificata dei concetti espressi da René Guénon all’angelologia e alla figura del Profeta nell’Islam:

  1. Distinzione di er-Rûh: quando si parla di “er-Rûh”, è importante notare che non dovrebbe essere considerato un semplice angelo. Questo Spirito è distinto da altre entità angeliche e ha un significato particolare.
  2. Collegamento a Metatron: si suggerisce che er-Rûh possa essere associato a Metatron, il quale è descritto come un’entità che trascende le normali gerarchie angeliche. Metatron svolge un ruolo fondamentale anche nell’ebraismo come figura che rappresenta la manifestazione divina.
  3. Barzakh: l’autore menziona il barzakh, che è un concetto che rappresenta uno stato intermedio tra due realtà, in questo caso, tra il divino e l’umano. Er-Rûh, come Metatron, si pone al centro di questo passaggio.
  4. Trono e Rûh: si impiega l’immagine di un trono dove er-Rûh è collocato al centro, a sottolineare il suo ruolo centrale e la sua interconnessione con la divinità, rappresentata come “el-Haqq” (la Verità).
  5. Mistica profetica: la presenza di er-Rûh è collegata al mistero della profezia. Si afferma che questo Spirito rappresenta la sintesi di tutti i profeti, con il Profeta Muhammad considerato l’ultimo e il più significativo, incarnando in sé la saggezza e l’unità di tutti gli altri.
  6. Umanità universale: tutti i nomi e i titoli che si riferiscono al Profeta possono essere visti come rappresentazioni dell’essere umano universale, un’entità che raccoglie in sé tutte le esperienze e i gradi dell’esistenza umana. Questo significa che il Profeta è visto come la manifestazione finale e perfetta dell’umanità.

In sintesi, René Guénon mette in evidenza come er-Rûh non sia solo un semplice angelo ma rappresenti un concetto fondamentale nella comprensione del legame tra il divino e l’umano, specialmente attraverso la figura del Profeta, che incarna l’unità di tutti i profeti.

René Guénon discute su come la percezione delle scienze tradizionali, in particolare nel contesto dell’Islam e della figura di Mohyiddin Ibn Arabi, sia spesso fraintesa dagli occidentali. Gli occidentali spesso non riescono a capire la vera natura delle scienze tradizionali, che in epoche passate erano profondamente collegate alla spiritualità e alla metafisica.

Un autore ha notato, con sorpresa, che nelle opere di Mohyiddin Ibn Arabi, oltre alla spiritualità, ci sono anche insegnamenti su argomenti come l’astrologia, la numerologia e la geometria, che non sembrano legati alla spiritualità stessa. Questo denota un’incomprensione. L’autore del saggio confonde la spiritualità di Ibn Arabi con la mistica, mentre invece è più corretto considerarla metafisica e iniziatica. Le scienze tradizionali non sono separate dalla spiritualità, ma ne derivano come applicazioni pratiche.

Un altro argomento affrontato è la chirologia che è collegata a scienze più ampie nel contesto della fisiognomia e della conoscenza iniziatica. Si menziona come la chirologia islamica si colleghi ai nomi divini e ad una certa simbologia.

Viene spiegato che ogni parte della mano ha una corrispondenza con i pianeti e i profeti, e che queste scienze tradizionali sono interconnesse. L’analisi della mano sinistra indica le inclinazioni naturali di una persona, mentre la mano destra mostra i caratteri acquisiti.

Cercherò di essere più chiara su tale argomento. La chirologia è lo studio delle linee e delle forme delle mani, che si collega anche a tradizioni spirituali e religiose, in particolare all’interno dell’Islam. Questo studio osserva alcune numerologie e corrispondenze simboliche.

In particolare, la chirologia in versione islamica si basa sulla scienza dei nomi divini, in cui le linee della mano si collegano ai nomi di Dio. Nella mano sinistra si trovano 81 linee e nella mano destra 18, per un totale di 99 nomi, che rappresentano le qualità divine.

Inoltre, si spiega che il nome di Allah può essere rappresentato dalle dita della mano: il mignolo rappresenta alif, l’anulare la prima lâm, il medio e l’indice la seconda lâm (che è doppia), e il pollice rappresenta ha. Questo uso simbolico della mano è comune in molte culture e si ricollega all’idea di riconoscere le opere e le benedizioni attraverso i rituali.

Le diverse parti della mano sono anche collegate ai pianeti, un’idea che deriva dall’astrologia e si riflette nella chirologia. Ogni pianeta è associato a uno dei sette cieli e a un profeta, ognuno dei quali incarna diverse qualità e conoscenze.

Ogni cielo e il suo corrispondente profeta si ricollegano a specifici attributi della vita umana, come la conoscenza spirituale, l’arte, o la scienza. Le linee e le forme delle mani possono quindi rivelare quanto una persona possiede delle qualità legate a questi profeti e nomi divini.

In conclusione, la chirologia non è solo un’arte divinatoria, ma è anche profondamente legata a tradizioni spirituali, numerologia e astrologia, creando un sistema complesso in cui mani, pianeti e qualità divine si intrecciano. Per capire appieno le inclinazioni di una persona, l’analisi della mano dovrebbe essere ripetuta ogni quattro mesi, poiché questa durata rappresenta un ciclo completo nel contesto zodiacale.

René Guénon affronta un argomento complesso riguardo all’idea di creazione e alla sua interpretazione nelle diverse tradizioni religiose, in particolare tra le religioni monoteiste (come il cristianesimo e l’islam) e quelle orientali.

L’idea di creazione è presente in modo significativo nelle tradizioni religiose abramitiche (giudaismo, cristianesimo, islam), mentre è assente nelle dottrine orientali. Questo porta a una connessione profonda tra il concetto di creazione e la visione religiosa di queste fedi. Alcuni potrebbero pensare che l’assenza dell’idea di creazione nelle religioni orientali segnali una loro inferiorità o incompletezza, ma questo è un fraintendimento. Dalla stessa maniera, c’è chi critica l’idea di creazione come se fosse superiore o più valida rispetto ad altre visioni religiose. Entrambi i punti di vista hanno dei limiti e non comprendono l’essenza delle diverse tradizioni.

In Occidente, c’è spesso confusione che associa l’assenza di creazione con idee panteistiche, il che non è corretto. Le dottrine orientali non devono essere catalogate in modo riduttivo come panteiste. In effetti, l’idea di “emanazione” (cioè che tutto deriva da uno stesso principio) non va confusa con la creazione e non ha senso in un contesto tradizionale ortodosso. Si chiarisce che “creazione” e “manifestazione” non sono opposte ma rappresentano diverse prospettive. La creazione è spesso vista da un angolo più religioso, mentre la manifestazione può essere interpretata in un contesto più metafisico. Entrambe le idee possono coesistere senza contraddirsi, dato che si riferiscono a aspetti diversi della stessa verità La manifestazione implica una serie di possibilità già contenute nel principio stesso. Queste possibilità non derivano da nulla di esterno, quindi non contraddicono l’idea di creazione.

Anche nelle tradizioni religiose, l’idea di creazione può essere vista come una riduzione rispetto a una comprensione più profonda e metafisica della realtà. Tuttavia, l’aspetto religioso è importante e rappresenta un legame essenziale degli esseri con il loro principio creatore.

In conclusione, René Guénon sottolinea che la questione della creazione e della manifestazione è complessa, e richiede una comprensione che rispetti le differenze tra le tradizioni religiose. I diversi punti di vista non si escludono, ma piuttosto offrono prospettive complementari sulla realtà.

Spero di aver fornito con semplicità e chiarezza alcuni passaggi del pensiero di René Guénon.

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