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Ciò che noi chiamiamo simbolo è un termine, un nome o anche una rappresentazione che può essere familiare nella vita di tutti i giorni e che tuttavia possiede connotati specifici oltre al suo significato ovvio e convenzionale.

Noi ricorriamo costantemente all’uso di termini simbolici per rappresentare concetti che ci è impossibile definire o comprendere completamente. Questa è una delle ragioni per cui tutte le religioni impegnano un linguaggio simbolico e delle immagini. Anche l’uomo produce simboli inconsciamente e spontaneamente sotto forma di sogni.

Aspetti inconsci della nostra percezione della realtà. Il primo è costituito dal fatto che anche quando i nostri sensi reagiscono a fenomeni reali, a visioni, a suoni, essi vengono in qualche modo tradotti dal piano della realtà a quello della mente. Perciò esistono certi eventi che noi non abbiamo registrato consapevolmente. E benché si possa averne inizialmente ignorata l’importanza emotiva e vitale, essa riaffiora dall’inconscio come una specie di fenomeno riflesso. Essa può apparire sotto forma di sogno.

Si può dire che ci siano due personalità all’interno di un individuo. È una delle più drammatiche caratteristiche dell’uomo moderno il fatto che egli soffra di queste divisioni della propria personalità. Non si tratta di un sintomo patologico: è un fatto perfettamente normale che può essere osservato ovunque e in ogni tempo.

Nell’interpretazione dei sogni i due punti principali sono i seguenti: prima di tutto, il sogno deve essere considerato come un fatto intorno al quale non è lecito elaborare alcuna tesi preconcetta, tranne quella che esso rivela qualche verità; in secondo luogo, il sogno costituisce essenzialmente un modo di espressione dell’inconscio. In altri termini una parte dell’inconscio è composta di una moltitudine di pensieri, impressioni e immagini, temporaneamente oscurati che, lungi dall’essere venuti meno completamente in noi, continuano a influenzare la nostra mente conscia. In realtà bisogna imparare a distinguere accuratamente fra i contenuti intenzionali e quelli non intenzionali della mente. I primi derivano dalla personalità dell’ego; i secondi nascono da una fonte che non è identica all’ego, ma costituisce l’altro lato di esso. È quest’altro lato a essere responsabile delle dimenticanze.

Le idee con cui abbiamo a che fare nella nostra vita cosciente apparentemente disciplinata non sono affatto così precise come noi vorremmo credere. Al contrario, più noi le esaminiamo tanto più impreciso diventa il loro significato. La ragione di ciò consiste nel fatto che qualunque cosa abbiamo udito o sperimentato può diventare subliminale, cioè può passare nell’inconscio. Inoltre anche ciò che trattiamo al livello della coscienza, e che possiamo volontariamente riprodurre, ha acquisito una coloritura inconscia che caratterizza l’idea ogni qual volta essa sarà richiamata alla memoria. Le nostre impressioni conscie, infatti, assumono rapidamente un elemento inconscio, che è per noi psichicamente significativo, anche se non siamo consapevoli consciamente dell’esistenza di questo significato subliminale e del modo in cui esso interviene a estendere e a confondere, contemporaneamente, il significato convenzionale.

In sogno ricorrono spesso elementi non individuali e non ricavabili dall’esperienza personale del sognante. Tali elementi sono chiamati resti arcaici, cioè forme mentali la cui presenza non può essere spiegata da alcun elemento della vita individuale del paziente e che si rivelano come dati primordiali innati ed ereditari della mente umana. Come il corpo umano costituisce un complesso museo di organi, ciascuno dei quali possiede una lunga storia evolutiva dietro di sé, così dobbiamo prevedere che la mente sia organizzata in modo simile.

Questa psiche straordinariamente antica costituisce la base della nostra mente, così come la struttura del nostro corpo è fondata sul modello anatomico generale del mammifero.

L’archetipo è invece la tendenza a formare singole rappresentazioni di uno stesso motivo che, pur nelle loro variazioni individuali, anche sensibili, continuano a derivare dal medesimo modello fondamentale. Le forme archetipiche non sono modelli statici; esse sono piuttosto fattori dinamici che si manifestano sotto forma di impulsi altrettanto spontaneamente che gli istinti. Certi sogni, certi pensieri o visioni, possono comparire improvvisamente e, per quanto si possa accuratamente cercare di spiegarli, ci riesce impossibile rinvenire la loro causa. Ciò non significa che essi non abbiano una causa, poiché ce l’hanno sicuramente; tuttavia essa è così remota o oscura che è impossibile recuperarla.

Il mito dell’eroe universale, ad esempio, si riferisce sempre a un uomo potente o a un uomo-dio che annienta le forze del male materializzate in dragoni, serpenti, mostri… e che libera il proprio popolo dalla distruzione e dalla morte. La narrazione e la ripetizione rituale di testi sacri e di cerimonie, insieme alla venerazione della figura dell’eroe per mezzo di danze, musiche, inni, preghiere e sacrifici, trasmettono ai fedeli emozioni soprannaturali ed esaltano l’individuo fino a portarlo a identificarsi con l’eroe. All’uomo piace credere di essere padrone della propria anima. Ma nella misura in cui egli si dimostra incapace di controllare i propri stati d’animo e le proprie emozioni o di prendere coscienza degli infiniti modi segreti, in cui i fattori inconsci arrivano a insinuarsi nei suoi propositi e nelle sue decisioni, egli non è affatto padrone di se stesso. Questi fattori inconsci debbono la loro esistenza all’autonomia degli archetipi. L’uomo moderno cerca di evitare di prendere coscienza di questa spaccatura della sua personalità istituendo un sistema di compartimenti stagni.

In ogni caso c’è una importante ragione pratica per la quale dovremmo essere inclini a coltivare pensieri non suscettibili di ottenere una conferma positiva: tale ragione è che essi sono notoriamente utili. L’uomo ha assolutamente bisogno di idee e convinzioni generali che diano un significato alla sua vita e che gli permettano di individuare il suo posto nell’universo.

Quando è convinto che esse abbiano un senso, egli trova la forza di affrontare le più incredibili avversità; viceversa egli si sente sopraffatto quando, nel colmo della sventura, si trova costretto ad ammettere di essere coinvolto in una vicenda senza senso. Ad esempio la funzione dei simboli religiosi è quella di dare un significato alla vita dell’uomo.

Quando lo psicologo medico si accinge a interpretare i simboli, egli deve operare una distinzione preliminare fra simboli naturali e simboli culturali. I primi originano dai contenuti inconsci della psiche e rappresentano perciò un numero enorme di variazione sulle immagini archetipiche fondamentali. In molti casi essi possono essere ricostruiti fino alle loro radici arcaiche, cioè fino alle idee e alle immagini reperibili nelle più antiche testimonianze e nelle società primitive. I simboli culturali d’altra parte sono impiegati per esprimere verità eterne e che compaiono tuttora in molte religioni. Essi hanno subito molte trasformazioni e percorso un lungo processo di sviluppo più o meno consapevole, diventando così immagini collettive accettate dalle società civilizzate.

L’antica storia dell’uomo viene significativamente riscoperta ai nostri giorni attraverso le immagini simboliche e i miti che sono sopravvissuti all’uomo dell’antichità. Altri simboli ci sono rivelati dai filologi e dagli storici delle religioni che sanno tradurre queste credenze in concetti moderni e intelligibili. Gli studi degli antropologi dimostrano che questi simboli sono reperibili nei rituali o nei miti di piccole società tribali tuttora esistenti ai margini della civiltà, senza aver conosciuto alcun mutamento nei secoli. Questi simboli appartengono solo ai popoli dell’antichità o alle moderne tribù arretrate e quindi non presenterebbero alcun interesse di fronte alle complessità della vita del nostro tempo. Eppure le connessioni ci sono e i simboli che le rappresentano non hanno perso la loro importanza per il genere umano. Come regola generale possiamo dire che il bisogno di ricorrere a simboli eroici nasce quando l’ego sente la necessità di rafforzarsi, quando in altre parole la mente conscia ha bisogno di assistenza nell’assolvimento di qualche compito che essa non è in condizioni di eseguire senza aiuto o senza attingere a quelle sorgenti di forza che risiedono nella mente inconscia. Il paesaggio dell’ego a effettive azioni coscienti si presenta chiaramente nel caso dell’eroe fondatore di civiltà. Nello stesso modo l’ego infantile o adolescente si libera progressivamente dall’oppressione delle speranze parentali e diventa individuale.

Dal punto di vista psicologico l’immagine dell’eroe non deve essere considerata identica all’ego vero e proprio. Essa può essere propriamente descritta come il mezzo simbolico tramite il quale l’ego viene separato dagli archetipi evocati dalle immagini parentali nella prima infanzia. Jung ha affermato che ogni essere umano possiede originariamente un sentimento di integralità, un senso pieno e potente del Sé; e dal Sé viene emergendo la coscienza individualizzata dell’ego via via che l’individuo cresce. Il mito dell’eroe costituisce il primo stadio nel processo di differenziazione della psiche. Il processo sembra che si svolga lungo un quadruplice ciclo attraverso il quale l’ego cerca di raggiungere una relativa autonomia rispetto all’originaria condizione d’integrità. Se questa autonomia non viene conseguita, l’individuo è incapace di adeguarsi al proprio ambiente adulto. Il mito dell’eroe non garantisce in modo esaustivo questa liberazione: esso si limita solo a mostrare che è possibile e che grazie a essa l’ego può raggiungere la coscienza.

Il rituale nei gruppi tribali come nella società a struttura più complessa insiste invariabilmente su questo rito della morte e della rinascita che permette al novizio il passaggio da una fase all’altra della vita, sia che si tratti di quello dalla prima all’ultima fase dell’infanzia, di quello corrispondente dell’adolescenza oppure di quello che segna il trapasso dell’adolescenza alla maturità.

Vari sono gli scopi dei simboli che influenzano l’uomo. Certe persone hanno bisogno di venire esaltate e di sperimentare la loro iniziazione nel modo violento di un rito del tuono dionisiaco. Una iniziazione completa implica entrambi questi temi, come possiamo renderci conto esaminando il materiale ricavato dai testi dell’antichità o studiando soggetti viventi.

Questi simboli sono molteplici, ma la loro importanza è evidente sia che risultino da documenti storici sia che compaiano nei sogni degli uomini o delle donne contemporanei, allorché abbiamo raggiunto una fase esistenziale critica.

Occorre capire l’interpretazione dei simboli creati dall’inconscio.

I sogni si presentano secondo un certo schema che Jung chiamò “processo di individuazione” Dal momento che i sogni creano immagini e situazioni nuove notte per notte, chi non sia un buon osservatore non potrà essere in grado di individuare la loro struttura schematica generale. Sogno dopo sogno emerge una personalità più ampia e più matura che piano piano acquista corposità e si manifesta agli altri.

Lo sviluppo psichico non può essere determinato da un consapevole atto di volontà, ma si verifica del tutto involontariamente e naturalmente in sogno sovente è simboleggiato con la figura dell’albero.

Il Sé può essere definito un principio interiore di guida, distinto dalla personalità conscia, e tale che può essere individuato solo tramite l’interpretazione dei sogni dei vari soggetti.

Quando il fanciullo inizia ad andare a scuola, inizia la fase costruttiva dell’ego, la fase dell’adattamento al mondo esteriore. Questa fase è piena di traumi che, se vissuti male, portano il fanciullo a isolarsi.

L’ombra non costituisce tutta la personalità inconscia. Essa rappresenta attribuzioni e qualità ignote, o poco note, dell’ego, aspetti che appartengono essenzialmente alla sfera personale e che potrebbero senz’altro divenire coscienti. Da un certo punto di vista, l’ombra può anche essere costituita da fattori collettivi che hanno origine da una sorgente che si situa all’esterno della vita personale del soggetto.

Quando un soggetto tenta di individuare la sua ombra, acquista coscienza di quelle qualità e di quegli impulsi che nega in se stesso, ma che può agevolmente scorgere negli altri (aspetti come l’egoismo, la sciatteria), in breve di tutti quei piccoli peccati.

Ma l’ombra non presenta solo aspetti omissivi. Spesso essa si rivela in un atto impulsivo o involontario.

Non è solo il manifestarsi dell’Ombra che determina l’insorgenza di ardui e sottili problemi etici. Spesso si avverte la presenza di un altro elemento interiore. Se il sognante è un uomo, questi individuerà nel proprio inconscio un elemento simbolico femminile; se è una donna, individuerà un elemento maschile. Spesso questo elemento si confonde con l’ombra, provocando nuovi e svariati problemi. Jung denominò entrambi gli elementi maschile e femminile come anima.

L’anima deve la sua particolare struttura alla madre di ciascun soggetto. Se il soggetto ritiene che la propria madre abbia su di lui un’influenza negativa, la sua anima si esprimerà spesso secondo atteggiamenti di irritazione, incertezza, insicurezza emotiva.

Tutti questi aspetti dell’anima rivelano la stessa tendenza che abbiamo già individuato come tipica dell’Ombra: essi possono proiettarsi e soggettivarsi all’esterno in modo tale da apparire come qualità caratteristiche di una determinata donna. È la presenza operante dell’anima che fa sì che l’uomo si innamori all’improvviso, quando vedendo una donna per la prima volta si rende conto di aver trovato la sua donna.

La proiezione dell’anima in una forma così improvvisa e appassionata come quella dell’amore può essere fonte di gravi perturbamenti di unioni familiari, come quella di un triangolo amoroso. L’unica soluzione decente del dramma può consistere solo nel riconoscimento dell’anima come forza interiore. L’intento dell’inconscio è quello di costringere l’uomo a sviluppare una maturazione alla propria persona.

I lati positivi dell’anima si manifestano quando incontriamo la persona giusta o quando cogliamo aspetti che ci sono stati occultati.

Il nucleo più centrale della psiche è il Sé, che spesso viene simboleggiato da un animale che rappresenta la nostra natura istintiva.

Tre motivi ricorrenti, per illustrare la presenza e la natura del simbolismo nell’arte di diversi periodi, sono la pietra, l’animale e il cerchio.

Per Giacobbe la pietra costituiva la parte integrale della rivelazione. Era il tramite fra lui e Dio. In molti santuari di pietra primitivi la divinità era l’insieme delle pietre.

I disegni di animali risalgono all’età del ghiaccio: hanno la funzione di un doppione, con la sua simbolica uccisione i cacciatori cercano di anticipare e di assicurare la morte dell’animale reale. Si tratta di una sorta di magia simpatica basata sulla realtà del doppione riprodotto; ciò che accade a questo, accadrà anche all’originale.

Il cerchio rappresenta il simbolo del Sé: esso esprime la totalità della psiche in tutti i suoi aspetti, comparso il rapporto tra l’uomo e la totalità della natura.

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