THE COLLAGE POST

Il 6 maggio 1868 i cittadini di San Pietroburgo verso le due del mattino sentirono centodue colpi di cannone.

I russi venivano avvertiti che la granduchessa Maria Fedorovna aveva dato alla luce l’erede al trono.

Tutti i sudditi di Alessandro II si rallegrarono, tranne pochi che notavano che il futuro re era nato il 6 maggio, giorno in cui gli ortodossi commemorano la triste fine di Giobbe.

Alessandro II per la nascita dell’erede al trono concesse un’ampia amnistia anche ai prigionieri politici. Il bambino venne chiamato Nicola in memoria del bisnonno Nicola I.

Dopo qualche anno si unirono a Nicola due fratelli, Giorgio e Michele, e due sorelle, Xenia e Olga.

Nicola aveva un carattere pigro e birichino. Egli amava i libri e i quaderni nuovi, le matite perfettamente appuntite, senza provare un vero interesse per lo studio.

Dopo l’emancipazione dei servi della gleba avvenuta il 19 febbraio 1861 a opera di Alessandro II, un vento nuovo soffia sulla Russia. La stampa libera da censura registra l’intervento di alcuni giornalisti coraggiosi che chiesero sempre più giustizia e indipendenza. Nonostante queste riforme alcuni studenti condannarono a morte lo zar.

Per Nicola II lo zar era un essere mitico.

L’1 marzo 1881 Nicola II scoprì che lo zar Alessandro II, così buono e rispettabile, era stato dilaniato da una bomba. Questo episodio segnerà Nicola II, il quale non farà più distinzioni tra rivoluzionari e assassini.

Il nuovo zar Alessandro III si comportò in modo completamente diverso dal suo predecessore. Egli aveva una mentalità rigida e limitata, che lo portò a diffidare delle sottigliezze politiche ritenendo che l’avvenire della Russia risieda unicamente nella disciplina e nelle tradizioni. Dopo l’arresto e l’impiccagione dei capi del Comitato esecutivo della volontà del popolo, l’organizzazione clandestina che sfidava il potere veniva totalmente smantellata. Alessandro III congedò tutti i collaboratori liberali del padre. La stampa subì una forte censura e gli studenti furono sorvegliati da vicino. Egli rafforzò il potere della chiesa nelle scuole e i poteri dei governatori di provincia subirono un incremento. La gente di campagna venne sottomessa al controllo dei capi-distretto, quest’ultimi scelti tra la piccola nobiltà locale. Nell’intento di unificare le razze nell’impero si incoraggiò la conversione all’ortodossia.

Le leggi di ferro vennero approvate dal popolo.

Questi cambiamenti non vennero percepiti da Nicola, che non si curava di ciò che avveniva al di fuori del palazzo. Nicola e i suoi fratelli dormivano in semplici letti in ferro con un cuscino rigido e un sottile materasso. Essi svolgevano lavori domestici sotto lo sguardo orgoglioso dei servitori. Alla domenica Nicola e i suoi fratelli ricevevano gli amici organizzando pranzi e cene, in cui lui e i suoi amici si divertono. Il clima era totalmente diverso quando Nicola sedeva due o tre volte a settimana a tavola con i genitori. Egli in queste occasioni era molto riservato. A Nicola davano fastidio le domande sui suoi studi, perché non sapeva mai cosa rispondere. Egli da figlio ubbidiente non rifiutava mai d’imparare, ma la sua inerzia sconcertava gli insegnanti. Dall’altra parte i professori non potevano importunare il granduca per controllare ciò che sapeva. I professori non facevano ripetere la lezione a Nicola, tantomeno lo interrogavano, ed egli non era sottoposto ad alcun esame.

Raggiunti i sedici anni, il granduca venne iniziato alle arti militari.

A diciotto anni Nicola veniva invitato due o tre volte a settimana al Consiglio d’Impero costituito da dignitari canuti che lo trattavano con rispetto, ma non chiedevano mai la sua opinione.

A diciannove anni era a capo dello squadrone degli ussari di Sua Maestà e del battaglione del reggimento Preobrajensky, due unità fortemente elitarie che gli permettevano di accedere al mondo degli adulti. Nicola con gli altri militari le trattava alla sua pari: rideva, scherzava e fumava insieme a loro. Tutto ciò non gli impediva di mostrarsi scrupoloso nei suoi doveri di ufficiale. Nicola era attratto da tutto ciò che era futile. Egli aveva concluso la sua educazione, ma non la sua crescita. Dietro la sua gentilezza si nascondeva indifferenza innata a tutto ciò che non faceva parte del piacere dell’istante. Superficiale e dispersivo, aspirava a non voler far nulla, a non dare giudizi, a non preoccuparsi di nulla e a pensare il meno possibile. Egli aveva un carattere poco definito.

Alessandro III esigeva che i figli si tenessero lontani dai piaceri sessuali e Nicola, di carattere morigerato, ubbidiva.

Alessandro III mandò il figlio in Oriente con l’intento di allargare l’orizzonte politico. Nonostante i meravigliosi passaggi orientali, Nicola rimase indifferente a qualsiasi suggestione pittoresca. Egli in Egitto non era colpito dalle piramidi ma dalle ballerine egizie.

Una colonia francese acclamò il figlio dello zar che si era avvicinato alla Francia repubblicana.

Il viaggio sembrava dare buoni frutti all’immagine di Nicola e alla Russia fin quando Nicola non subì un attentato in Giappone. Egli venne ferito con una lama sul capo. Questa ferita provocherà a Nicola continui mal di testa. L’accaduto disgustò profondamente Nicola, anche se non farà trasparire nulla.

Nel 1891 Nicola ebbe la sua prima storia d’amore con la ballerina Matil’da Kschessinska. La storia era destinata a finire. A corte si parlava delle nozze tra Nicola e la principessa Alice d’Assia. Matil’da interrogò Nicola per sapere la verità ed egli rispose che era obbligato a sposarsi e che fra tutte le fidanzate che gli erano state proposte Alice sembrava la più meritevole. Alice occupava un posto sempre più di riguardo nel cuore di Nicola, anche se egli non dimenticherà del tutto Matil’da.

Nata a Darmstadt il 6 giugno del 1872, Alice era la figlia del granduca Luigi IV d’Assia, a sua volta discendente da una delle più antiche famiglie tedesche. La madre di Alice era la terza figlia della regina Vittoria. Il nonno paterno, suo padre e i fratelli erano di salute cagionevole, in quanto affetti da emofilia. Tale malattia veniva trasmessa dalle donne ma colpiva solo gli uomini.

Avendo perduto sua madre all’età di sei anni, Alice era passata sotto la tutela della nonna, la regina Vittoria. Sotto la guida della sovrana Alice aveva assorbito lo spirito e i modi di fare dei britannici.

Nel 1884 si recò in Russia per il matrimonio della sorella maggiore, la granduchessa Elisabetta. In quell’occasione incontrò per la prima volta Nicola. Nacque subito un idillio tra i due, che non passò inosservato all’imperatore.

Quando Alice tornò a San Pietroburgo cinque anni dopo, Nicola rimase colpito dalla sua bellezza timida e fragile. Ella rimase sconvolta dallo sguardo tenero del suo cavaliere.

I genitori di Nicola volevano per il figlio un matrimonio francese.

Benché ferita dalla reticenza di cui era oggetto da parte della famiglia imperiale, Alice non si diede per vinta. Per far notare la sua predilezione per la Russia comprò in una fiera delle bambole di legno di betulla, l’albero simbolo della patria di Nicola. Ritornata in Inghilterra, si impone di imparare il russo e si abbandonò a lunghe discussioni teologiche con il cappellano dell’ambasciata di Russia.

All’improvviso, Alice capì di essere invisa a San Pietroburgo e si ribellò. Ogni altra unione le sembrò indegna di lei. Trincerandosi nella solitudine e nella fierezza, respinse la mano di un principe.

Alessandro III cadde ammalato. Egli decise di far sposare al più presto il figlio, il quale gli confessò di essere ancora innamorato di Alice. Nicola si recò al matrimonio del fratello di Alice con la scusa di rappresentare il padre, ma il vero intento era chiedere la mano di Alice. Nicola portò con sé in viaggio il prete ortodosso, che doveva convertire Alice all’ortodossia, e una lettrice incaricata d’insegnare il russo alla sua futura sposa.

Arrivato a destinazione, Nicola ci mise due giorni per convincere Alice a convertirsi all’ortodossia e infine avvenne il fidanzamento ufficiale.

Nicola ritornò in Russia e ruppe definitivamente con Matil’da, la quale diventerà la prima ballerina di san Pietroburgo e sposerà nel 1921 il granduca André Vladimirovic, cugino di Nicola, ricevendo il titolo di Principessa.

L’8 giugno Nicola rivide la sua amata Alice e con lei passò delle belle giornate. L’undici luglio Nicola ritornò in Russia e si rese conto che le condizioni di salute del padre erano peggiorate.

Il 10 ottobre Nicola andò alla stazione a prendere Alice. I due in fretta e in furia si recarono a Livadija dove lo Zar Alessandro III aspettò impazientemente la futura nuora. Quest’ultima appena si inchinò alla presenza dello zar lo vide con una faccia livida e ebbe l’impressione di essere in presenza di un cadavere. Nei giorni seguenti Nicola passerà il suo tempo al capezzale del padre e a fare lunghe passeggiate sulla spiaggia con Alice. Quest’ultima passerà il suo tempo a parlare con Nicola del suo mal di gambe.

Il 20 ottobre del 1894 lo zar Alessandro III esalò il suo ultimo respiro.

All’indomani della morte di Alessandro III avvenne la conversione della futura Zarina, la quale d’ora in poi si chiamerà Alessandra Fëdorovna.

Nicola e Alessandra volevano sposarsi prima della sepoltura dello Zar Alessandro III con una cerimonia intima. I membri della famiglia imperiale non erano della stessa idea, volevano prima celebrare le esequie e successivamente il matrimonio. Nel frattempo la salma  di Alessandro III venne imbalsamata male alterando i tratti del volto e le proporzioni del corpo. I funerali si tennero il 7 novembre del 1894. I più cattivi durante la funzione funebre sussurravano che Alice fosse un uccello del malaugurio.

Il matrimonio tra Alice e Nicola si celebrò il 14 novembre del 1894.

Durante il regno di Alessandro III la Russia era rimasta schiacciata sotto una cappa d’acciaio, rimanendo proibita ogni forma di riforma.

Quando salì sul trono Nicola, tornarono a galla le idee liberali.

Se Alessandro III decideva sempre da solo, Nicola II aveva sempre bisogno di qualcuno che scegliesse per lui.

Nicola non aveva un programma di governo ben preciso. Egli si faceva consigliare dagli zii e dalla madre. Alessandro cercò di conquistare consensi e ricordò a Nicola che lui era il padrone assoluto dell’Impero.

Dal momento che la pace regnava all’interno e all’esterno dell’Impero, i liberali ritennero che lo zar dovesse avere una politica più illuminata.

Il 17 gennaio 1895 Nicola ricevette una delegazione. Durante quell’evento Nicola dichiarò che voleva mantenere l’autocrazia. Questa decisione provocò il dissenso di molti.

Il 3 novembre 1895 Alessandra diede alla luce una bambina che chiamò Olga.

Con la stagione invernale ripresero le feste per la prima volta dopo la morte di Alessandro III. Alessandra, nonostante avesse partorito una bambina, non riuscì a farsi amare dai sudditi.

Il 14 maggio 1896 veniva incoronato Nicola, il quale si sentì investito di una missione divina che lo collocava al di sopra dei comuni mortali. Ma non era cambiato, c’erano sempre in lui quella semplicità, amabilità e quelle esitazioni del suo carattere.

In occasione dell’incoronazione venivano previste feste popolari da tenersi sul prato di Chodynka. A causa del terreno accidentato, della cattiva organizzazione che non ha riempito le voragini nel terreno e la pressione della folla, molte persone morirono schiacciate durante i festeggiamenti. Nicola venne informato della tragedia ma proseguì i festeggiamenti.

Il 22 i corpi delle vittime di Chodynka non erano stati ancora seppelliti. Dato che l’evento era stato organizzato male, si dovette punire il responsabile, che era Sergej Aleksandrovic, membro della famiglia reale. Nicola punirà per l’accaduto solo qualche comparsa, salvando Sergej da ogni accusa per non buttare fango sulla famiglia reale. Ma per il popolo il solo responsabile era Sergej.

Dopo aver fatto il giro europeo, Nicola si sentì pronto a governare il proprio paese.

Il 10 giugno del 1897 Alessandra diede alla luce la granduchessa Tatiana e due anni dopo, il 26 giugno 1899, la granduchessa Maria. Dopo un’altra pausa di due anni il 18 giugno 1901 nacque la granduchessa Anastasia. Nonostante quattro figli, manca il figlio maschio.

La Russia aveva bisogno di evolversi economicamente. Per tale motivo Nicola si affidò a Witte. Quest’ultimo si diede fare per tirar fuori il paese dal letargo. Nicola diede a Witte una certa libertà di movimento nei settori della finanza e dell’economia.

Con il pretesto di abusi da parte dei distillatori e dei commercianti di vino all’ingrosso Witter costituì un monopolio di Stato sulla vendita dell’alcol. Egli rianimò le industrie in difficoltà e ne fece nascere delle nuove.

I prodotti russi erano protetti dalla concorrenza straniera attraverso tariffe doganali elevate. Nelle campagne Witte si sforzò di migliorare le condizioni dei contadini autorizzando la Banca di Stato a finanziare cooperative di credito sopprimendo le spese relative al lasciapassare interno e avviando un’ampia inchiesta sui bisogni dell’agricoltura. Per interessare i giovani alla tecnologia apri scuole professionali in tutte le città. Witte integrò la rete ferroviaria.

La creazione di nuove fabbriche portò nelle città un proletariato operaio e sottopagato.

In circa sei anni di regno Nicola II aveva acquistato parecchie simpatie.

Gli studi compiuti da Nicola non l’avevano preparato a dominare i problemi. Egli era vittima dei suoi stessi pregiudizi.

Nicola diffidava dei propri ministri e tenne le distanze da loro.

Per natura e per educazione Nicola aveva orrore delle discussioni a voce alta, pertanto non contraddì mai colui che tentava di dissuaderlo. Anzi condivise il suo punto di vista per disarmarlo con la sua cortesia proprio quando approvava con più calore uno dei suoi ministri che pensava di sbarazzarsene.

Ciò che lo guidò nelle sue decisioni era la presunzione mistica dell’infallibilità dello zar per tradizione ispirato da Dio.

Dal canto suo, anche la Zarina non si sentì felice se non in compagnia del marito e delle figlie.

Nella coppia imperiale era Alessandra a fissare le regole di comportamento trovandosi al centro del focolare. Ella era una tenera sposa e madre devota, si occupava delle quattro figlie con un’applicazione esemplare controllando la loro educazione e la loro moralità mentale.

Alessandra aveva in comune con Nicola la ricerca della semplicità nel comportamento di coppia. Ella nell’intimità famigliare si vestiva in modo sobrio. La preghiera occupava un posto primario nella vita di Alessandra, la quale aveva una visione distorta della religione ortodossa, ossia una visione di religione unita a misticismo e superstizione. I due coniugi convergevano sui rapporti tra Dio e la monarchia Russa. Alessandra riteneva che la Russia e l’autocrazia fossero intimamente mescolate allo stesso modo dell’acqua e del vino in un bicchiere. Ella rimproverava alla corte la vanità delle feste e la depravazione dei costumi.

Il chiodo fisso della zarina era quello di dare alla luce un figlio maschio per consolidare il potere del marito.

La coppia imperiale aveva l’obbligo di presiedere a tutte le grandi feste. Finita la stagione delle feste la coppia si recava a Carskoe Selo.

Nella popolazione gli studenti non perdevano occasione per  manifestare, mentre gli zemstvo andavano al di là delle loro competenze per reclamare l’insegnamento pubblico obbligatorio, l’abolizione delle pene corporali e più giustizia e libertà. Venne creato un giornale clandestino chiamato “La liberazione”.

Imbevuti delle teorie di Karl Marx, erano persuasi che lo sviluppo del capitalismo industriale finirà con lo sfociare automaticamente nell’esplosione socialista. In questo si distinguevano dai loro predecessori, i populisti che attribuivano ai contadini il ruolo di un esercito di liberazione.

La caccia ai teorici della rivoluzione non bloccò la crescita dello scontento popolare.

Nel 1896 i trentamila operai scioperarono. Molti medici, avvocati, giornalisti, professori entrarono nell’organizzazione di battaglia, che era un’associazione segreta.

Leone Tolstoj scrisse una lettera a Nicola, in cui lo scrittore chiede allo zar di lasciare la forma di governo autocratico per un governo più liberale. Lo zar non rispose mai a Tolstoj.

Nicola voleva lasciare una traccia nella storia, essere ricordato come unificatore della terra di Russia. Il viaggio in Giappone che fece da giovane gli sembrò premonitore e decise di invadere il Giappone.

Nicola scelse in materia di politica estera Muraviev, il quale non aveva le competenze necessarie per quel ruolo.

Muraviev esaltò l’idea di Nicola di conquistare il Giappone, invece di metterlo in guardia dai pericoli di una guerra a terra in un paese lontano.

Il 15 marzo 1898 la Cina cedette alla Russia il diritto di occupare in maniera permanente Port Arthur e Ta Lieng Wan.

I negoziati con il Giappone andarono per le lunghe e Nicola era incosciente del pericolo in cui incorreva la Russia. Egli aveva solo un grande disprezzo del popolo giapponese che chiamava “macachi”.

Verso la fine di gennaio del 1904 Nicola venne a sapere che il Giappone aveva attaccato la flotta russa senza una dichiarazione di guerra.

La nazione russa era indignata dal comportamento del Giappone e voleva un contrattacco violento verso i giapponesi.

Solo pochi fecero notare a Nicola che i Giapponesi disponevano di un esercito moderno e ben equipaggiato, mentre i russi dovevano trasferire le forze a ottomila chilometri dalle loro basi attraverso una ferrovia a binario unico e insufficientemente sorvegliato. Nicola era convinto di battere il Giappone.

Il 30 luglio del calendario giuliano (12 agosto) del 1904 Nicola diventò nuovamente padre: nacque Alessio, affetto da emofilia.

Intanto la Russia subì dei duri colpi dai Giapponesi.

Il primo gennaio 1905 Nicola credette di vincere la guerra con il Giappone. Egli condusse un’esistenza tranquilla e non si accorse di quello che succedeva nel suo regno.

Il 6 gennaio secondo la tradizione Russa venivano sparati dei colpi a salve di cannone. Ma uno dei cannoni era stato caricato a mitraglia : un proiettile ferì un agente e gli altri colpirono il palazzo d’inverno dove risiedeva lo Zar. Il caso fu chiuso come colpevole negligenza.

Le acciaierie Putilov erano in sciopero dal 3 gennaio. Quattro giorni dopo il lavoro si fermò in trecentottantadue fabbriche. L’8 gennaio gli scioperanti erano centocinquantamila.

In tutta questa confusione emerse Giorgio Gapon, il quale decise di fare una marcia pacifica verso il palazzo d’inverno. L’8 gennaio Gapon inviò a Nicola un messaggio con le sue intenzioni. Nicola non intendeva cedere alle richieste.

Il 9 gennaio del calendario giuliano (22 gennaio) 1905 gli operai si riunirono e marciarono verso il palazzo d’inverno. Gli ufficiali diedero ordine di disperdere la folla: invece di ubbidire la cavalleria andò all’attacco. Questo evento rovinerà l’immagine di Nicola.

Quest’ultimo non capì subito l’importanza dell’evento. Le forze armate subirono attentati. Gli avvocati organizzarono un’unione professionale.

Intanto le notizie del fronte non erano rincuoranti, i russi continuavano a subire pesanti sconfitte.

Il 23 agosto 1905 la Russia riconobbe il protettorato del Giappone sulla Corea.

Il 9 ottobre Witter dichiarò allo zar che bisognava scegliere un’alternativa tra due sbocchi: o istituire una dittatura implacabile per annientare la sedizione, o accordare le libertà civili essenziali e convocare l’assemblea legislativa voluta dalla maggioranza della nazione. La prima soluzione aveva scarse possibilità, mentre la seconda riuscirà a salvare la Russia.

Il 15 ottobre Witte propose allo Zar di pubblicare un manifesto nel quale annunciava le principali riforme costituzionali. Grazie alle proteste che bloccavano il paese, lo zio di Nicola ordinò al nipote di accontentare il popolo.

Il 17 ottobre del 1905 venne pubblicato il manifesto con entusiasmo del popolo. La gente si accorse presto che il potere non era nelle mani di Witte. A San Pietroburgo riprendevano gli scioperi, ma senza gravi disordini. In piena campagna si moltiplicarono le sommosse dei contadini. In tutti i centri urbani si passò alla creazione di soviet di delegati operai.

Un consiglio speciale presieduto dallo zar procedette alla revisione della legge elettorale, affrontò la messa a punto delle leggi fondamentali che reggevano la struttura dello stato e preparò lo statuto delle due assemblee legislative: la Duma e il Consiglio d’Impero.

Secondo le leggi fondamentali, l’imperatore scelse i suoi ministri come gli pareva e non era per niente obbligato ad allontanarli se incorrevano in un voto di sfiducia della Duma. Il governo si riservava il diritto di pubblicare decreti di carattere legislativo durante le vacanze della Duma a condizione di sottoporli al suo giudizio nel corso della sessione seguente.

L’emofilia di Alessio non diede tregua ai suoi genitori. Il bambino soffriva di continue emorragie accidentali o spontanee. La medicina dichiarò di non poter guarire tale male, il bambino doveva vivere in modo protetto. La morfina avrebbe potuto dargli sollievo ma i medici temevano che con il tempo il bambino potesse abituarsi. Alessio era un bambino capriccioso, irritabile, spesso autoritario. Per tale motivo Alessandra diventava devota al misticismo religioso.

Anna Vyrubova incoraggiava Alessandra a conoscere Gregorio Rasputin. Il 1° novembre 1905 Nicola e Alessandra conobbero Rasputin. Quest’ultimo apparteneva ai pellegrini, ma non erano né monaci né preti. Egli faceva parte degli Strannik e cioè viaggiatori o, quando avevano acquistato molta notorietà, venivano chiamati Starec. Quest’ultimo era un asceta che viveva stabilmente in un monastero.

I primi di luglio del 1906 Nicole sciolse la Duma, ma non indicò quando ci sarebbero state le nuove elezioni.

Il 10 luglio venne lanciato un manifesto con il quale si chiedeva una rivolta contro lo zar e di non pagare le imposte. Agendo in questo modo la Duma si poneva giuridicamente dalla parte del torto.

Più l’instabilità politica diventava profonda e più Nicola e la sua consorte si rifugiavano a Carskoe Selo.

Nonostante i sommovimenti provocati nell’alta società dall’assassinio di Stolypin, dall’ascendente sempre più forte di Rasputin e dalle interpellanze della Duma, la macchina governativa andava avanti.

Nel 1908 il governo rendeva gratuita la scuola primaria.

Dal 1909 al 1913 ferro, acciaio, carbone, cotone, zucche e petrolio aumentarono.

Nel 1912, durante lo sciopero nelle fabbriche di oro, le forze armate aprirono il fuoco sugli operai. Lo sciopero a poco a poco coinvolse altre fabbriche. Quello stesso anno Lenin diventava presidente del Comitato centrale.

Il 15 giugno del 1914, l’arciduca Francesco Ferdinando, erede della corona d’Austria Ungheria, veniva assassinato in una strada di Sarajevo dallo studente bosniaco Princip.

Il 15 luglio 1914 l’Austria Ungheria dichiarò guerra alla Serbia.

Il 19 luglio 1914 la Germania dichiarò guerra alla Russia. La notizia fece impallidire la famiglia imperiale. L’entrata in guerra della Gran Bretagna rafforzava in Nicola la convinzione che la guerra sarebbe finita presto. I tedeschi riuscirono a entrare a Bruxelles e minacciarono Parigi, e Nicola decise di portare soccorso alla Francia. Witte chiese allo Zar di deporre le armi e di ritirarsi dall’alleanza. Nel 1915 i russi avevano bisogno di materiale bellico per sostituirlo a quello distrutto.

Un imprenditore, Alessio Putilov, sul futuro della Russia dichiarava che lo zarismo aveva i giorni contati: “saranno certamente i borghesi, gli intellettuali e i cadetti a dare il segnale della rivoluzione, convinti di salvare la Russia. Ma dalla rivoluzione borghese cadremo nella rivoluzione operaia e poco dopo nella rivoluzione contadina. E allora avrà iniziò una spaventosa anarchia, un’interminabile anarchia”.

Nicola era ottimista, pensava che la situazione sarebbe migliorata mentre Rasputin pensava al contrario.

Lo Zar avrebbe voluto dare un contributo personale al paese: egli decise di guidare personalmente il comando supremo. Nicola consegnò la gestione del suo regno alla moglie. Egli la credeva intelligente, energica e illuminata mentre invece Alessandra era squilibrata, impulsiva e sottomessa a Rasputin. Né i rapporti della polizia sulle orgie di Rasputin né le fotografie dello stregone in galante compagnia riusciranno ad allontanare Alessandra da Rasputin.

Tutto ciò che Alessandra scriveva al marito era suggerito da Rasputin. Ella felice del suo ruolo rimosse tutti i membri del governo che la pensavano diversamente da lei. Alessandra voleva trasmettere al figlio Alessio il trono intatto.

Verso la fine del 1916 il numero dei chiamati sotto le armi superava i tredici milioni, quello dei morti due milioni. Nicola preferì portare la Russia alla disperazione piuttosto che scontrarsi con Alessandra. Egli si dimostrò sereno e pensò che tutto si sarebbe aggiustato. In tutto questo Rasputin continuò a dare scandalo.

Nella notte del 16 al 17 dicembre 1916 Felice Jusupov riuscì con l’inganno ad attirare Rasputin nel suo palazzo con la promessa di una bella serata. Con la scusa che la moglie aveva ospiti, Felice condusse Rasputin in una stanza del sotterraneo offrendogli dolci e vino avvelenati con il cianuro. Nonostante la dose massiva di veleno, Rasputin non morì, pertanto Felice sparò un colpo di pistola su Rasputin. L’operazione sembrava conclusa, ma all’improvviso Rasputin si rialzò e i suoi aguzzini lo finirono con dei colpi di pistola.

Correva voce in città che Rasputin fosse scomparso dal suo domicilio. La sparizione di Rasputin assunse contorni sempre più precisi. I nomi degli assassini erano: Felice Jusupov, Dmitry Pavlov e Puriskevic. La polizia trovò tracce di sangue sul parapetto del ponte Petrovskij, rompendo il ghiaccio e ripescando il corpo di Rasputin.

Tutti parlarono della morte di Rasputin. Nel circolo ufficiale tutti brindarono per la morte di Rasputin. L’imperatore era felice che il destino fosse arrivato a liberarlo dall’incubo che pesava in modo così ingombrante su di lui.

Dopo la morte di Rasputin la famiglia reale sembrò molto più vulnerabile.

Il deterioramento della salute morale e fisica dello zar era dovuto a circostanze politiche e familiari.

I continui sbagli della coppia imperiale incoraggiarono la nascita di nuovi complotti.

Nel paese c’erano disordini, la gente affamata ed esasperata per i prezzi di bene di prima necessità prese d’assalto i negozi.

Verso fine febbraio, mentre la seduta dell’Assemblea veniva sospesa dallo zar, senza perdere tempo in un’altra sala del palazzo di Tauride i rivoluzionari procedevano all’insediamento del primo Soviet degli operai e dei soldati.

In questo modo si formava un duplice potere: quello della Duma e quello del Soviet.

Il 2 marzo arrivò un telegramma a Nicola nel quale si chiedeva al sovrano di abdicare al trono. Lo zar, facendosi il segno della croce, firmò l’abdicazione.

Il 3 marzo giunse la notizia dell’abdicazione ad Alessandra, la quale si mise nelle mani di Dio e di Nicola.

Il 9 marzo a Carskoe Selo Nicola scese dal treno non più come uomo libero, ma come prigioniero e venne consegnato al nuovo comandante. Finalmente nel palazzo di Carskoe Selo i due coniugi si ricongiunsero. Secondo il regolamento stabilito dal governo la famiglia imperiale non doveva comunicare con nessuno. Ogni volta che i prigionieri uscivano in giardino, venivano scortati. Intorno al recinto aggrappati alle mura c’erano curiosi che fischiavano Nicola. Quest’ultimo si teneva in forma spaccando legna e coltivando l’orto. Alessandra immobilizzata sulla sedia a rotelle lo osservava. Tra i reali c’era una sorta di rassegnazione mista all’ottimismo. Nicola pensava spesso alla fine che aveva fatto Luigi XVI, ma poi pensava che i rivoluzionari russi non fossero una banda di bruti assetati di sangue.

Il 6 agosto 1917 la famiglia imperiale veniva trasferita a Tobolsk e il 30 aprile 1918 nuovamente trasferita a Ekaterinburg.

La giornata del 16 luglio trascorse come al solito per i reali. La sera la famiglia consumò un piatto leggero. Poco dopo la mezzanotte la famiglia imperiale venne svegliata dall’ufficiale insieme alla servitù. L’ufficiale portò la famiglia imperiale e la servitù in cantina con la scusa di difenderli meglio in caso di sparatorie causate da disordini.

Quando tutti i prigionieri furono all’interno della cantina, l’ufficiale annunciò che dovevano aspettare l’arrivo dei camion per essere portati via. Alle tre e un quarto di mattina gli undici boia fecero ingresso nello scantinato. Dopo aver letto ai detenuti la sentenza di morte, i soldati spararono all’impazzata sui detenuti. Nessuno sopravvisse alla carneficina. I cadaveri vennero subito messi nel camion e portati in un posto denominato “Quattro Fratelli”. Arrivati nel luogo i cadaveri vennero svestiti, fatti a pezzi e occultati.

Il 18 luglio 1918 durante una seduta del consiglio si annunciò che Nicola era stato giustiziato perché cercava di fuggire. Il 20 luglio i giornali annunciarono la morte dello Zar Nicola II.


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