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In questo periodo ho notato che si parla della Kundalini come una pratica di “magia” o come qualcosa di divino. James Hillman ha cercato di spiegare in termini psicologici cosa succede a chi pratica tale disciplina.

La prima pratica che esegue il discepolo è la meditazione.

Il primo requisito di ogni realizzazione umana è l’attenzione, sia nella psicologia orientale che in quella occidentale. L’abilità di concentrare la coscienza è ciò che nella psicologia occidentale chiamiamo un segno della forza dell’ego. I turbamenti di attenzione si possono misurare con l’esperimento di associazione che Jung ha sviluppato per mostrare come la capacità dell’ego di concentrarsi su di un compito abbastanza facile può essere danneggiata da complessi inconsci. L’assidua prolungata disciplina di attenzione su di una sola immagine è difficile come qualsiasi forma di concentrazione .

Occorre sottolineare l’importanza dell’ego che mette a fuoco, si concentra, presta attenzione.

Il loto con i petali sulla corona della testa è un simbolo tradizionale dello Yoga Kundalini. Nel linguaggio della psicologia analitica, l’attenzione dell’ego è fissa su di un’auto-immagine in forma di mandala. L’ego ha scelto la propria immagine secondo la disciplina spirituale, proprio come nella meditazione cristiana c’è il Sacro Cuore. Piuttosto di discutere gli oggetti della concentrazione, notiamo la differenza tra concentrazione attiva e disciplina yoga.

Nell’immaginazione attiva descritta da Jung si porta l’attenzione a qualsiasi immagine o emozione che salti in mente. Piuttosto che sopprimere le distrazioni, esse sono eseguite attentamente.

L’immaginazione attiva sviluppa una fantasia psicologica più personale. L’immaginazione attiva partecipa alla realizzazione dell’ego con le immagini mentali, alle reazioni delle persone a esse. Il coinvolgimento emotivo con queste immagini e le loro spontanee reazioni sono importanti come la natura delle immagini stesse.

L’immaginazione attiva non è la via dell’illuminazione e della liberazione ma è utile al fine del collegamento psicologico ad archetipi dominanti.

Con la meditazione Yoga Kundalini si ha un impulso della coscienza psicologica.

La psiche ha bisogno di una psicologia che le dia uno spazio in cui muoversi. La psiche e la psicologia si riflettono troppo perché ci sia un radicale sviluppo dell’una senza una corrispondente radicalizzazione teoretica dell’altra. Laddove mancano di armonia, chiamiamo alieni quegli eventi psichici per i quali la nostra teoria è inadeguata collocandoli alla parapsicologia. Per di più chiamiamo le teorie radicali (come lo Yoga Kundalini) speculazioni mistiche, allorché la povertà della nostra vita psichica produce i dati empirici sui quali si basano le teorie psicologiche.

Lo stato di coscienza che tale pratica richiede consuma centinaia di calorie.

Il prana

Gopi Krishna definisce il prana come un sottile elemento vitale e lo paragona a un fluido e all’elettricità. In seguito egli ne darà una descrizione materialistica: “un’estremamente fine essenza biochimica di natura altamente volatile estratta per mezzo dei nervi dalla massa organica circostante”. Il prana è una super-inteligemte energia vitale cosmica e un sottile conduttore biologico nel corpo. Vale a dire: è sia una forza vitale universale che una realtà fisiologica. È sia materiale che immateriale indipendente dal tempo e dallo spazio e nello stesso tempo inestricabilmente intessuto con la vita del corpo. Il peana è paragonabile allo spirito.

In Occidente l’energia è o mentale, quindi energia nervosa che può essere misurata, e è riducibile a descrizione elettriche o chimiche o è un principio immateriale chiamato anima o mente o libido, che non ha descrizioni fisiche.

Krishna descrive la sua esperienza di illuminazione dichiarando che il primo giorno ci fu un riflusso di una vivente luce liquida nella testa. In altre parole, ciò che in greco, in arabo e nel pensiero medioevale è chiamato “respiro”, “gli spiriti animali” o “gli spiriti dell’anima” corrisponde al prana.

L’illuminazione può essere considerata come energia psichica. Il flusso di questa energia è il “Se”. La strada dell’illuminazione viene spesso abbreviata con le droghe allucinogene e altre tecniche.

I primi sintomi dell’illuminazione sono la paura della follia, il turbamento interiore e la depersonalizzazione. Quest’ultimo si ha quando si perde il senso dell’appartenenza del corpo a uno spazio e a un tempo e il senso di unione famigliare.

Dal punto di vista psichiatrico quest’esperienza non è un fatto psicopatico?

Non abbiamo altre categorie diagnostiche che queste per concepire stati simili a quello di Gopi Krishna o di colore che raggiungono l’illuminazione.

La tradizione tantrica nega l’esistenza di malattie mentali quando si è diretti verso il samadhi.

Per un occidentale la sola pratica yoga non è sufficiente a risvegliare la Kundalini, perché lo yoga è fondato su un sistema filosofico.

La psicologia analitica di Jung attribuisce importanza al processo dell’individuazione di un contesto interiore in cui questi fatti possono essere compresi nel loro significato.

Jung dice che la Kundalini è un esempio dell’istinto di individuazione. Per cui il confronto fra le sue manifestazioni e altri esempi di processi analoghi forniscono una conoscenza psicologica oggettiva, senza la quale non ci sarebbe modo di afferrare ciò che stava avvenendo.


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