
the collage post Foto di Rheo da Pixabay
Il 7 settembre del 1936 a Lubbock, Texas, nasceva Charles Hardin Holley.
Egli all’età di 15 anni era ospite fisso in un programma radiofonico.
Holly era un ragazzo bianco smilzo e occhialuto, dall’aria ordinaria, vestito come uno studente.
Dopo essersi recato a Nashville, Holly si recò nel New Mexico, dove ebbe la possibilità di sperimentare le proprie idee e sfruttare al meglio le nuove tecniche d’incisione.
Dai vari esperimenti musicali di Buddy nacque la canzone “That’ll Be the Day”. Questo brano inizialmente veniva definito privo di gusto e lesivo per l’immagine della stessa casa discografica Corso.
La canzone uscì il 27 maggio del 1957 da una piccola casa discografica, Brunswick. In pochi mesi la canzone arrivò in vetta alle classifiche americane e inglesi. Il ritornello della canzone era “That’ll Be the Day”. Queste parole erano state dette da John Ford nel film Sentieri selvaggi. In questa canzone Buddy gioca con le sillabe della frase spezzandole e singhiozzandole in una sorta di onomatopea di grande effetto.
Intanto la Coral pubblicava il primo singolo di Buddy Holly “Peggy Sue” e nel lato B la canzone “Everyday”. Quest’ultimo brano è un manifesto del minimalismo pop con la particolarità dell’utilizzo della celesta a sottolineare il tema melodico. Un’altra delle intuizioni di Buddy era l’utilizzo delle tecniche di sovraincisione per raddoppiare la propria voce aggiungendo spessore e spettro armonico.
Per tutti i The Crickets e Buddy Holly erano due soggetti separati.
Nella prima metà del 1958 Holly registrò una serie di brani orecchiabili, ma nello stesso tempo innovativi. Egli sperimentò nuove tecniche d’incisione.
The day the music died
La notte tra il 2 e il 3 febbraio del 1959 un piccolo aereo Beechcraft Bonanza, registrato con il numero N3974N diretto a Fargo, North Dakota, precipitò a causa di una tormenta di neve pochi minuti dopo essere decollato da Mason City, Iowa.
Le quattro persone a bordo morirono sul colpo. I tre passeggeri avevano pagato 36 dollari. Le vittime dell’incidente aereo erano: Roger Peterson, Richard Valenzuela, Jiles Perry Richardson e Buddy Holly.
Il pilota Roger Peterson, ventunenne, non aveva l’abilitazione necessaria per voli notturni con il solo ausilio della strumentazione a bordo.
L’artista più giovane era Richard Valenzuela, aveva diciassette anni, sedici passati a Pacomia, un sobborgo di San Fernando Valley abitato da ispanici. L’ultimo anno lo aveva passato in giro per gli Stati Uniti come Ritchie Valens. Quest’ultimo era stato il primo a portare in classifica un brano rock cantato in spagnolo, “La Bamba”.
Valens aveva vinto il posto in aereo battendo a testa e croce il batterista Tommy Allsup.
Il secondo passeggero era Jiles Perry Richardson, ventinovenne, conosciuto dal grande pubblico come The Big Bopper. Egli era originario di Sabine Pass, Texas, ma quando era molto giovane la famiglia si trasferì a Beaumont, Texas. Era di carattere buono e spensierato. Egli si era inventato una carriera da cantante grazie alla sua buffa hit “Chantilly Lace”. Richardson aveva chiesto a Waylon Jennings di lasciargli il posto.
Il terzo passeggero era Buddy Holly, che aveva solo ventidue anni e per ironia della sorte il suo ultimo singolo si intitolava “It Doesn’t Matter Anymore”.
Nel 1971 il cantante Don McLean aveva cantato “American Pie”. Questa canzone era piena di riferimenti precisi che rievocavano il giorno in cui era morto Buddy Holly, definito The day the music died, cristallizzando il passaggio dagli innocenti anni ’50 al periodo più consapevole e travagliato degli anni ’60, il quale si aprì con l’incidente d’auto di Gene Vincent e Eddie Cochran.