The collage post

Nel 1933 il critico di danza del “New York Times” John Martin pubblicò un saggio di grande importanza per la storia della danza e delle sue estetiche: la modern dance.

Il testo, che rappresenta la prima sistematizzazione estetico-critica di tutto il movimento del modern statunitense, è molto importante per la visione globale che offre del fenomeno culturale della danza moderna, di cui non trascura i contemporanei sviluppi europei conosciuti proprio a partire dal 1931, quando Hanya Holm, allieva e assistente di Mary Wigman, si trasferì nel nuovo continente per aprire la sede americana della scuola della sua maestra tedesca.

Martin dava un’opinione favorevole delle pioniere della danza moderna, in particolare di Isadora Duncan e di Ruth St. Denis, che si liberavano del vocabolario arbitrario e limitante della danza.

La danza veniva vista come una manifestazione originaria dell’umano e sia dal punto di vista antropologico che dal punto di vista storico il disporsi delle sue forme avviene da sempre lungo due assi: l’esibizione di un singolo danzatore e il dispiegarsi del movimento collettivo.

La modern dance nasceva come compimento degli ideali della danza libera e romantica, perché riscoprì il movimento del corpo come materia prima dell’espressione: il medium cinetico inteso come sostanza della danza, necessario per esprimere la dimensione interiore dell’uomo in una precisa forma vitale, laddove la tecnica accademica usava il movimento come un accidente di passaggio da una posa statica a un’altra nella costruzione di una forma basata unicamente sul principio della combinazione significante di elementi in sé singolarmente non significanti.

 I movimenti di questa corrente di danza  sono una commistione fra un corpo come presenza di un soggetto nel mondo e il senso del mistero. 

Martin dice che la danza è la sintesi dell’unità testa e corpo. Egli era consapevole che non era più possibile una didattica standardizzata che pretenda da tutti i danzatori l’esecuzione dello stesso identico movimento.

Louis Horst crede che la danza sia la possibilità di coniugare la funzione psicologica dell’introspezione con quella cerebrale dell’astrazione: il movimento subisce un processo di oggettivazione e di formazione allo scopo di esprimere in forma estetica i motori, i desideri e le relazioni dell’essere umano. Esiste un livello di astrazione nel modern che agisce per progressiva stilizzazione e alterazione dei movimenti naturali del corpo astraendo dalla situazione particolare del soggetto per comunicare un significato universale. L’elemento fondamentale della danza è la motivazione che è in grado di realizzare una forma espressiva a prescindere dall’emozione vissuta dal singolo interprete.


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