
The collage post.
Le scene dell’oltretomba omerico e l’attenzione per i riti funebri che siglano il congedo della comunità dalle spoglie mortali di un guerriero costituiscono la prima testimonianza letteraria della concezione della morte nella Grecia antica.
La percezione dell’anima è strettamente legata al momento della morte e la connessione etimologica con il verbo psycho che significa soffiare o respirare.
Il respiro è l’immagine più icastica del distacco del principio vitale dal corpo: dalla bocca del morente.
Le psychai vengono rappresentate come piccole figure alate che svolazzano sul monumento tombale o si affollano anonime intorno all’eidolon di un defunto appena arrivato nell’Ade, raffigurato come era in vita a grandezza naturale.
Il dolore che la psyche prova nell’abbandonare la vita è un rimpianto generico.
Nell’età più arcaiche i defunti vengono rappresentati senza facoltà mentali e non possono comunicare con i vivi.
In una più recente visione i morti hanno gli stessi sentimenti, emozioni, qualità intellettuali e lo stato gerarchico che li caratterizzava in vita.
Nell’Odissea Achille definisce i morti come spettri insensibili.
Circe dichiara che Persefone ha lasciato le facoltà mentali a Tiresia, mentre gli altri sono ridotti a ombre vaganti prive di facoltà mentali.
Nell’Iliade sia il vivo sia l’anima del morto sembrano inconsapevoli delle norme che impediscono ogni comunicazione affettiva diversa da quella verbale, nei rari casi in cui si può realizzare un incontro diretto e superare le barriere che tengono separati i due mondi.
Il disfacimento del corpo segnerebbe la fine radicale dell’esistenza, ma ciò che sopravvive al regno dei morti ha ancora una certa consistenza, dato che può svolgere incarichi, funzioni o sottostare a delle pene.
Il viaggio dell’anima verso l’Ade presuppone un rapido spostamento, un volo attraverso l’aria, e poi un accesso sotterraneo alla dimora di Ade, la quale viene descritta come un luogo torrido.
Il viaggio di un vivo per raggiungere l’Ade segue altre vie. Per Odisseo è una tappa della sua rotta.
La maga Circe descrive l’Ade come un luogo la cui natura è in parte mite e in parte aspra e impenetrabile.
Il fiume e le porte fanno da confine tra i due mondi. Tale confine, anche se è tenuto sotto rigido controllo, può essere varcato.
Non tutte le persone muoiono: per alcune persone è previsto l’Elisio.
Quando nell’Iliade si parla del sorteggio con cui Zeus, Poseidone e Ade si sono divisi i rispettivi domini si precisa che la terra e il monte Olimpo sono soggetti alla comune sovranità dei tre fratelli.
Ade non viene considerato come una divinità che sottopone i morti a giudizio per come hanno agito da vivi, anche se quest’idea può farsi strada nell’immagine poetica, soprattutto quando viene raffigurato come il corrispettivo ctonio di Zeus.
Il personaggio del vecchio barcaiolo, che prende in consegna le anime dei defunti da Ermes e le traghetta al di là del fiume su una barca di cui regge il remo, compare nei testi letterari e nell’arte figurativa solo nel V secolo a.C.
La traversata del corso d’acqua rappresenta un rito di passaggio, ossia l’ultimo viaggio dell’anima.
Caronte è il guardiano dei due mondi e impedisce alle anime di ritornare.
Per quanto concerne i funerali i vivi hanno il dovere di onorare i morti con una cerimonia funebre.
I misteri eleusini si fondano sul mito di Demetra e Core.
La vicenda mitica che illustra l’eziologia dei misteri eleusini ha un valore paradigmatico in cui il tratto distintivo della sapienza arcaica si fonde con la nuova speranza offerta agli iniziati, un privilegio nella morte che la rende meno terribile.
La felicità ultraterrena è l’anticipazione, che gli iniziati possono pregustare già in vita, alla conoscenza acquisita attraverso la visione dei riti; i loro contenuti debbono restare vaghi per il segreto che vincola chi li apprende.
L’iniziazione ai misteri, raggiunta con un percorso rituale di purificazioni, digiuno e sacrifici che garantiscono per tappe il progresso verso uno stato di purezza religiosa, non modifica per nulla la condizione sociale e neppure il genere di vita condotto da chi vi si sottopone una volta tornato alle abituali attività .
Le iniziazioni dionisiache prevedono che Dioniso incarna la figura dell’altro, mette in questione l’ordine costituito e persino quando il suo culto viene riconosciuto ufficialmente dalla religione pubblica supera e mette in crisi tutte le categorie, le definizioni e le regole. Le Baccanti di Euripide testimoniano della felicità garantita dalla passione e dell’estasi, quando tutte le barriere vengono superate e l’adepto fa esperienza di una regressione rituale attraverso il consumo di vino e di carne cruda, che segue al diasparagmos, allorché gli animali vengono inseguiti, aggrediti e smembrati vivi.
Le laminette d’oro, rinvenute in sepolcri dell’Italia meridionale, di popolazioni apparentemente dionisiache ma di forte influenza orfiche, sono sottili fogli d’oro di dimensioni ridotte, che portano incise formule che danno istruzione al morto per la vita nella morte.
Al defunto viene suggerita una formula mistica di riconoscimento, ” sono soglio della tera e del Cielo stellato”, che consentirà di ottenere dai guardiani dell’Ade il permesso di accostarsi alla fonte di Mnemosyne.
Nella topografia dell’Ade vi è delineata la prima fonte, sulla destra, quella dell’Oblio: la sua acqua disseta solo apparentemente, facendo dimenticare tutto e rinascere in un nuovo corpo per continuare con la serie di reincarnazioni.
Ci sono profonde analogie che legano le credenze orfiche a quelle della scuola di Pitagora.
Queste affinità hanno spesso indotto a confondere in un indistinto ambito orfico-pitagorico le dottrine, che si possono ricondurre ai due movimenti che si oppongono entrambi alla religione ufficiale della polis o ne prendono le distanze.
Il pensiero orfico rimase ancorato a una cosmologia e a un’antropogonia mitiche, mentre i pitagorici cercarono di ridurre in termini razionali le loro dottrine e ambivano a educare la città secondo un canone aristocratico e conservatore ispirato al modello di vita del maestro.
L’associazione pitagorica imponeva ai suoi membri uno stile che comprendeva la regola del silenzio per i novizi e la continenza sessuale orientata da un puritanesimo estraneo alla cultura dominante. La via per purificare l’anima era il culto della scienza.
Attraverso la musica gli adepti erano iniziati alla teoria dei numeri, al sistema aritmetico e geometrico su cui si fondano l’ordine e l’armonia del cosmo.
Nel papiro di Derveni nelle prime colonne ci si riferisce a cerimonie funerarie, riti propiziatori e temi escatologici e si discute anche dei timori relativi all’Ade.
La via da seguire per guadagnare la compensazione corretta del destino oltremondano delle anime e delle pene che attendono chi non ha agito secondo giustizia fonte di angoscia sembra poi indicata nella sezione che prende avvio nelle colonne successive, dove la fede nella cosmologia orfica trova sostegno nel metodo allegorico e la realtà viene descritta dalle visioni di Orfeo che ha trasmesso ai suoi seguaci.
La rivoluzionaria concezione orfica della natura dualistica in cui l’anima immortale si contrappone al corpo mortale
L’anima divina e immortale che alberga nel corpo non è più solo il suo principio vitale e il suo omologo spirituale come nel pensiero arcaico: ora è vista come l’io occulto che si contrappone al corpo e realizza pienamente la sua essenza soltanto quando è libera dalle limitazioni fisiche e temporali.
La psyche quando si stacca dal corpo muta nel tempo e di rado mostra una cornice coerente. I riti del congedo dal defunto si organizzano intorno a procedure più stabili e conservatrici.
I vivi onorano i morti tramite cure, tributi e cerimonie, per poi riprendere la loro vita.
Il rito funebre consente al defunto di entrare definitivamente nell’Ade, e ai viventi di uscire da una condizione liminale.
Nell’epica arcaica non emerge nessun elemento che associ la morte con l’impurità . Solo in un epoca successiva emerge la paura dei viventi e degli Dei del contagio che deriva da un morente.
L’ossessione dell’impurità che ne deriva e misure di ogni genere per scongiurare o eliminare la contaminazione
Il sudiciume e l’omissione delle norme igieniche sono un elemento che nei poemi caratterizza in modo icastico le prime reazioni di cordoglio dei familiari e degli intimi del defunto.
La sporcizia è il segno concreto del disordine mentale che irrompe nella vita dei parenti del defunto.
L’antropologia sociale ha insegnato a leggere l’espressione rituale delle emozioni come simbolo di interazione e coesione della comunità : essa deve riorganizzare il tessuto delle relazioni interpersonali, elaborando regole e meccanismi di controllo sulla morte e sulla sua arbitrarietà . Sul piano individuale le attese escatologiche rappresentano la protesta contro la morte.
I riti di congedo scandiscono le fasi della penosa e graduale separazione secondo un simbolismo: la prothesis e l’ekphorà .
La fase della prothesis è la seguente: i doveri dei familiari verso il caro defunto sono la chiusura degli occhi e della bocca. Segue la pulitura del corpo con acqua del fiume o con acqua marina. Infine si veste il defunto. Ramoscelli e foglie di piante sono ai piedi del defunto.
Il parente che invoca il nome del defunto cerca di avere un ultimo contatto emotivo.
Nella veglia funebre alle donne è riservato il pianto rituale, eseguito da tre o quattro donne. Colei che guidava il pianto era la parente più vicina al defunto ed emetteva dei lamenti.
La fase dell’ekphora è la seguente: le angoscie sociali per la morte irrompono durante il trasporto del feretro nel luogo di sepoltura.
Il corpo del defunto poteva essere cremato o inumato.
Le credenze popolari sui morti e sulla possibilità che continuano a interferire nel mondo dei vivi. Per tanto venivano evocati per aiutare o danneggiare una persona
Si crede che si possano manipolare le energie dei morti attraverso tecniche magiche e da qui nasce la figura del mago o incantatore.
Morire eroicamente in battaglia era l’unica via per l’uomo per diventare immortale, da cui nasce il concetto della bella morte.
Sia Sparta che Atene alimentarono tale concetto offrendo onori funebri straordinari a coloro che morirono per la patria.
Tutta una serie di norme regolano i funerali, influendo pesantemente sulla vita dei privati.