The Collage Post

Alle soglie del XX secolo prende l’avvio una riflessione sulla danza come materia prima per un ripensamento radicale della struttura ontologica dell’uomo. A partire da Nietzsche la filosofia, messa in crisi l’identificazione dell’assoluto con Dio, va alla ricerca di un nuovo centro dove poter collocare il senso dell’essere e la sua ritrovata identità.

La generazione di artisti-pensatori a cavallo fra i due secoli colloca direzione e significato dell’essere nell’uomo stesso, considerato unico titolare indiscusso di un’urgenza di natura a dir poco divina.

Ogni persona sente e vive il corpo come il fondamento dei propri vissuti.

Il corpo di cui si parla non è un corpo organico oggettivo, un corpo fra i corpi, ma il mio corpo, il corpo vissuto (Leib) del quale è importante chiarire la dinamica per rispondere al problema del costruirsi a seno dello sguardo, del pianto, del sorriso, del gesto, del mimo, della danza, insomma un corpo come originaria manifestazione o come espressione di un senso di essere.

A motivo della sua ambiguità costitutiva, il mio corpo non può mai essere oggettivato nella sua titolarità, in quanto, nell’operazione di orientarsi verso se stesso, esso dovrà comunque fare riferimento a un punto di vista in ultima analisi inoggettivabile.

Nella dinamica della conoscenza osserviamo un oggetto del mondo; il lato percepito dal nostro punto di visione attesta una presenza ma nel contempo adombra il nascondimento di altri lati che possono essere raggiunti dallo sguardo solo mutando la prospettiva di partenza.

Nel trasgredire via via il nostro punto di vista siamo guidati dalla condizione logica della visione che fa sì che ciò che viene percepito sia assunto sempre come una parte di una totalità, e una parte è tale solo in riferimento al tutto cui inerisce.

A realizzare la successiva integrazione fra le parti dell’oggetto è la facoltà dell’immaginario che ci permette di fabbricarci, di volta in volta, un’immagine di ciò che abbiamo percepito: si parla a questo proposito di rappresentazione.

Sulla via della conoscenza tutto può essere posto a distanza da me, tranne per il mio corpo che, se è mezzo indispensabile nella mia avventura percettiv,a sfugge almeno in parte alla percezione di se stesso.

Il punto zero della mia prospettiva è una certezza che non può mai assicurarsi nella propria verità.

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