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Secondo il mito i tibetani discenderebbero da uno scimmione della foresta e da una demonessa delle montagne. Questa unione sancisce un patto tra forze naturali e superumane.

Da questa unione nasce una progenie per metà scimmie e metà uomini.

I primi tibetani si moltiplicarono.

Il Dio Avalokiteśvara, mosso dalla compassione verso i primi tibetani, portò loro le cinque specie di graniglie: orzo, riso, grano, senape, piselli. Così poco a poco nacquero i primi campi coltivati e i primi tibetani si svilupparono nella forma di uomini. Nacquero le sei famiglie tibetane.

Nel periodo precedente l’arrivo del primo re mitico si susseguì un certo numero di epoche. Queste epoche erano caratterizzate dal dominio di una divinità minore.

Queste epoche culminano con i “dodici piccoli re”, ossia dodici capi villaggi accolsero il primo re mitico.

A quest’ultimo, giunto ai piedi della montagna, fu chiesto da dove arrivasse. Lui indicò la cima della montagna, quelli capirono che venisse dal cielo e lo fecero re. Il primo sovrano doveva essere uno straniero. La montagna da dove scese lo straniero divenne sacra.

Drigum Tsenpo

Fu compito dell’ottavo re del Tibet, Drigum Tsenpo, porre fine alla dinastia dei sette troni. Drigum decise di sfidare i nove clan paterni e i tre clan materni in un combattimento all’ultimo sangue.

Nessuno volle accettare di combattere: solo uno straniero, un allevatore di cavalli, accettò. Si chiamava Longam.

Qust’ultimo aveva ideato un piano fissando delle punte di lancia d’oro sulle corna di cento yak caricati con altrettanti sacchi rigonfi di cenere. Quando i bovini furono aizzati gli uni contro gli altri, le punte di lancia fecero scoppiare i sacchi e l’aria si colmò di fuliggine.

Drigum tagliò inevitabilmente la corda celeste che lo legava al cielo e Longam lo uccise. Drigum fu il primo re che lasciò il corpo sulla terra. Si dovette ricorrere a stranieri per tumulare il corpo. La tomba era un cumulo che ricordava una montagna.

I figli di Drigum furono spodestati dal trono e mandati in esilio, ma a loro volta si vendicarono di Longam.

Rulakye

L’epoca di Rulakye è segnata da importanti accadimenti, ossia da istituzioni e invenzioni, tasse sulla proprietà, censimenti sul bestiario.

Giunti al ventottesimo re, chiamato Totori Nyantsen, fece la sua comparsa un oggetto destinato a cambiare per sempre il corso della civiltà tibetana: un libro. Esso cade dal cielo custodito in uno scrigno insieme a un piccolo stupa d’oro e si materializzò nelle mani del re.

Il libro era un sutra buddhista dedicato ad Avalokiteśvara, il Karandavyuha.

Il culto

Il Tibet di queste epoche è ancora primitivo, gli uomini dimorano per lo più nelle caverne e sono seguaci di un’antica dorma di culto di origine sciamanica, detta bon, che pratica il sortilegio, il sacrificio.

I sacerdoti sono negromanti in grado di comunicare con gli spiriti chiamati genius loci. Documenti su tale culto non si trovano.

Fino al X secolo non esiste in Tibet alcuna religione dal nome bon. Il termine significa rito coloro che compivano tali riti si chiamano bonpo. Quest’ultimi erano una casta di imbonitori in grado di capire le cause della sfortuna, che toglievano dietro compenso.

Non esistevano templi nei quali questi operatori esercitavano il loro culto, ma erano loro stessi il tempio.

La scrittura fece il suo ingresso in Tibet insieme al buddhismo: si comprenderà come la storia del Paese sia essenzialmente storia religiosa, cui le tradizioni precedenti hanno dovuto adattarsi.

In questo modo il buddhismo ha imposto alle religioni primitive tibetane la sua visione.

Songtsen Gampo

Nel 617 nacque Songtsen Gampo, il trentatreesimo monarca del Tibet, il quarto dei sette saggi. Songtsen Gampo prese in sposa una figlia del re Minyag, una giovane del clan dei Ruyong. Oltre a questa ragazza ne sposò altre quattro.

Tra il re e il clan sussisteva un legame suggellato da ripetuti giuramenti. È sotto il regno di questo principe che farà la prima comparsa il buddhismo.

Songtsen Gampo aveva unificato il territorio, espandendo il territorio del Tibet e intorno al diciottesimo anno di età aveva preso in sposa la principessa Bhrikuti, che era buddista.

Ella portò con sé una statua raffigurante il Buddha Akshobhya. Sarà ella a influenzare il sovrano, che decise di decifrare quel libro incompressibile.

Il sovrano diede a un suo ministro l’ordine di recarsi in India per cercare un alfabeto per decifrare il libro, ma anche per dare la base di un alfabeto scritto alla lingua Tibetana.

Il sovrano sposò un’altra donna, chiamata Wencheng, la quale portò come dote un’altra statua del Buddha. Con queste due statue il paese tibetano spiccò il volo verso il Buddhismo.

Songtsen Gampo morì nel 650, all’età di trentaquattro anni, a causa di una epidemia.

Trhisong Detsen fu il primo re che introdusse la religione buddhista. L’ultimo re buddhista del Tibet fu Ralpacen, che contribuì alla diffusione del buddhismo. Poi salì al trono Langdarma, che perseguì i buddhisti.

Il periodo che seguì la morte di Langdarma fu caratterizzato dalla frammentazione del potere politico e dalla decentralizzazione delle istituzioni. Si dovranno aspettare quattro secoli per ritrovare il Tibet unito.

Il potere politico frammentato in innumerevoli regni ed enclavi è rappresentato da un susseguirsi di liste di sovrani e governatori locali,. Ma a differenza dell’epoca precedente, le lotte non riguardavano più i re, piuttosto i monasteri e gli ordini monastici.

Nella fervida fermentazione culturale vi era l’opera di nuovi santi e pundit indiani, di traduttori asceti, di maghi e maestri del tantra indiano, di yogi e filosofi, tutti impegnati a travasare dall’India l’apice della migliore sintesi buddhista, prima dell’annientamento islamico.

Costretti dunque a fuggire di fronte alle persecuzioni e alla decadenza politica delle regioni centrali di U e Tsang, molti monaci ed eruditi si diressero verso la periferia di quello che un tempo era l’Impero tibetano.

Ogni valle erige la sua fortezza, ogni baluardo contiene una setta, ogni setta un monastero e un clan nobiliare che diventa protettore di maestri monaci e templari.

Il castello si trasformava in un monastero, di cui il signore era l’abate. In molti casi era un monachesimo laico, somigliante al sistema degli ashram indiani. Il sapere religioso era affidato alle famiglie e ai capostipiti.

Ai primi del XIII secolo le famiglie dei monasteri del Tibet centrale si riunirono in un concilio.

I clan covavano segretamente di prevalere sulle altre famiglie, cercando di porre trattative separate con i nuovi dominatori mongoli.

Per quasi un secolo i Sakya avevano governato, fino a quando Cianciub occupò la città di Sakya prendendo il potere. Il nuovo sovrano apportò delle riforme al paese che diedero dei benefici, pertanto si riteneva che il re avesse portato il Tibet in un’età d’oro.

I Dalai Lama

Tsongkhapa fu un maestro del buddhismo il quale fondò e diresse una grande quantità di monasteri buddhisti. Egli istruì il primo Dalai Lama della storia, Gendun Drup (ma il suo vero nome era Pema Dorje). Quest’ultimo non ebbe potere politico.

Il secondo Dalai Lama si chiamava Gendun Gyatso, che organizzò l’edificazione del Ganden P’odang che divenne la residenza dei prossimi Dalai Lama.

Il terzo Dalai Lama è Sonam Gyatso ed è il primo Dalai Lama riconosciuto ufficialmente.

Il IV Dalai Lama morì nel 1617 nel monastero di Drepung all’età di 28 anni, a seguito di un fulminante attacco reumatico.

L’anno successivo Tsang attaccò Lhasa e i tre grandi monasteri ghelupa, nonostante le truppe mongole. Nel 1622 Tsang morì per il solito attacco reumatico e prese il posto il figlio Kerma Wangop. Fu proprio in questa occasione che si diede la notizia di aver trovato il V Dalai Lama.

Quest’ultimo sosteneva che il paese sarebbe stato unito sotto una guida politica ghelupa e che la protezione di Gushi Khan dava loro un vantaggio.

Durante il regno del terzo imperatore il quinto Dalai Lama nominò un rappresentante politico con i mongoli e l’Impero.

Il VI Dalai Lama amava talmente tanto i piaceri della vita che nel 1702 rinunciò ai voti presi di fronte al quinto Panchen Lama, Lobsang Yeshe, ma il clero e la nobiltà non gli negarono la propria legittimità diventando il primo Dalai Lama laico.

Nel mezzo di queste vicende i Mongoli continuarono a regnare sul Tibet, che fu successivamente invaso dai cinesi.

Il VII Dalai Lama venne posto sul trono nel 1720. Egli si rivelò molto incline agli studi e alla meditazione. Non partecipò mai alla gestione degli affari politici, lasciando la piena gestione del potere temporale a un regnante laico, investito del potere dall’imperatore della Cina.

I liberatori cinesi dopo aver fatto giustizia misero mano al potere civile, inaugurando un protettorato che doveva durare tre secoli.

Per prima cosa abolirono l’ufficio del reggente e fu costituito un consiglio di Kalon o ministri, composto da tre uomini.

Il 20 dicembre del 1722 moriva a Pechino il grande Kangxi, l’imperatore cinese che aveva governato la Cina per più di 60 anni.

Nell’aprile del 1723 il nuovo imperatore Polhane nominò un suo rappresentante politico detto amban, sorta di viceré con funzioni di controllo, e lo spedì a Lhasa dove fu inserito come quarto membro del consiglio dei ministri del Kahas.

Si racconta che un giorno Polhane ricevette una lettera dal tutore del Dalai Lama, nella quale si metteva in guardia il sovrano di non recarsi a Lhasa durante i mesi di luglio e agosto.

Il 5 agosto del 1727 Khangchenné accettò l’invito al banchetto di Ngabo presso la sontuosa residenza di Rasa Trulnang a Lhasa. Durante l’evento Khangchenné fu ucciso da diversi assalitori con spade e pugnali. Questo evento diede inizio alla guerra civile.

Alla morte del VII Dalai Lama il Kashag si riuniva per decidere se si dovesse nominare un reggente o se fosse meglio investire il Kashag della reggenza. Si decise di affidare il regno a un unico reggente.

Nel 1788 inizia la guerra nepalese, che finì un anno dopo grazie all’intervento dell’esercito imperiale cinese che dettò la pace alle porte di Kathmandu.

A seguito di questa guerra si susseguirono delle riforme. La riforma più importante fu l’introduzione di una norma in materia di procedure di selezione del Dalai Lama.

Il nuovo sistema prevedeva la presentazione di tre candidati fra i quali si sarebbe dovuto individuare l’incarnazione autentica. La scelta finale si faceva tramite estrazione del nominativo da un’urna d’oro.

Dalla morte dell’ottavo Dalai Lama nel 1804 all’assunzione dei pieni poteri del tredicesimo Dalai Lama nel 1895 passarono quasi cento anni, durante i quali nessun Dalai Lama arrivò a compiere vent’anni.

I Dalai Lama prescelti morivano prematuramente, pertanto il potere aspettava ai Tre Monasteri agevolati dagli amban assicurandosi il potere per un secolo.

Tutto questo portò una politica stagnante, all’insegna di un’ostinata chiusura nei confronti del mondo.

Allo scoccare del ’900 le relazioni tra Tibet e governo britannico erano inesistenti. Lord Curzon tentò due volte di aprire un dialogo con il Dalai Lama con due missive e nel 1903 aprì dei negoziati diretti con il Tibet.

Il commissario politico della spedizione inglese, colonnello Younghusband, era accompagnato dal generale di brigata James MacDonald. La spedizione utilizzava cavalli, buoi, cammelli e circa ottomila uomini e donne adibiti al trasporto di materiale bellico.

Gli inglesi invasero il Tibet dopo duri scontri.

Partiti gli inglesi alla fine d’agosto, l’amban Manchu Yutai dichiarò deposto il Dalai Lama, che andò in esilio due volte in giro di sei anni.

Tra il 1912 e il 1913 scoppiò una rivolta in Tibet, nella quale i cinesi vennero sconfitti dalla popolazione han.

Tornato in Tibet, il Dalai Lama voleva rendere il Tibet una nazione forte e indipendente, pertanto seguirono una serie di riforme. La prima di queste riforme era quella di costituire un esercito forte alla stessa stregua di quelli occidentali.

I britannici volevano un Tibet autonomo ma nominalmente sotto la Cina, pertanto si arrivò alla Convenzione di Simla. Quest’ultima prevedeva che il Tibet venisse diviso in Esterno e Interno.

Il territorio esterno è governato dal Dalai Lama, sotto la sovranità cinese, ma del tutto autonomo in questione di politica interna e religione e libero dalla presenza cinese tranne per un rappresentante. Il Tibet Interno sotto la completa amministrazione cinese.

Il 3 luglio del 1914 britannici e tibetani firmarono un accordo bilaterale commerciale. Un mese dopo la Gran Bretagna entrava nella Prima guerra mondiale.

Il Tibet decise di rafforzare l’esercito, ma non disponendo di denaro a sufficienza perché potevano commerciare solo con gli inglesi, il Dalai Lama decise di costituire l’ufficio di Indagini sulle Entrate. Quest’ultimo scoprì che il Tibet era un paese di evasori fiscali.

Nella necessità di raccogliere fondi per finanziare l’ammodernamento dell’esercito, la scure del fisco si abbatté anche sulla seconda carica religiosa dello stato e massimo latifondista del Tibet Choky Nyima, il IX Panchen Lama.

Il 17 dicembre 1933 moriva il Dalai Lama. Dato che il reggente non doveva necessariamente essere un lama incarnato, l’attenzione di tutti puntò su Kumbela, il ventottenne attendente del XIII Dalai Lama, che in quel momento era l’uomo di maggiore potere a Lhasa.

Kumbela non arriverà mai al potere, perché verrà esiliato e perché sospettato di aver ucciso il Dalai Lama.

Reting divenne Dalai Lama, ma non svolse mai un ruolo politico importante nel Tibet. Egli aveva un rapporto molto stretto con il X Panchen Lama, fu arrestato durante la rivoluzione culturale e liberato nel 1977.

All’inizio del 1939 giunsero a Lhasa una spedizione scientifica di nazisti dalla Germania. Nelle fantasie di Gunther, la razza pura originava dall’Asia centrale.

Nel 1949 il Kashag cercò di rafforzare la posizione del Tibet con una serie di riforme. La riforma della burocrazia prevedeva tre separati ministeri che erano: Affari esterni, Difesa, Tesoro.

Il 3 dicembre 1949 il governo tibetano inviò una lettera al governo britannico chiedendo un aiuto per l’amministrazione del Tibet alle Nazioni Unite.

L’entrata del Tibet nelle Nazioni Unite lasciava gli altri Stati membri incerti, perché non sapevano la reazione che avrebbe avuto la Cina su tale questione. Pertanto si cercò di inviare un ambasciatore in Cina.

I cinesi proposero ai Tibetani un accordo, che fu rifiutato. Da questo fatto i Cinesi invasero il Tibet con scontri a fuoco.

Il 23 maggio 1951 i due Stati firmarono un accordo fra il governo popolare centrale e il governo Tibetano.

Nel 1954 la Cina adottò la nuova costituzione, che all’art. 4 descriveva l’autonomia regionale. Il Dalai Lama era visto come capo di una delle regioni. Pertanto si istituì il comitato preparatorio della regione autonoma del Tibet (CPRA).

Nel marzo del ’59 ci fu una rivolta che fece migliaia di vittime: da tale fatto da entrambe le parti si rinnegava l’accordo in 17 punti fatto da Cina e Tibet.

Nel 1966-1968 in Tibet si è avuta la grande rivoluzione e culturale, nella quale i rivoluzionari cinesi compirono azioni vandaliche nei confronti dei monasteri tibetani.

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