THE COLLAGE POST

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

stando in casa e andando per via,

coricandovi alzandovi;

ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

la malattia vi impedisca,

i vostri nati torcano il viso da voi.

Con questi versi si apre l’opera di Primo Levi Se questo è un uomo. L’opera fu scritta tra il dicembre 1945 e il gennaio 1947.

Il titolo che viene dato al manoscritto è ambiguo, perché può riferirsi sia ai detenuti del campo di concentramento che ai loro carcerieri.

Il testo venne scritto per testimoniare i fatti storici realmente accaduti nei lager nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Occorre ricordare che l’autore aveva vissuto in prima persona il campo di concentramento.

Questo libro, come dicono in molti, “è un pugno nello stomaco del lettore” per i fatti che vengono trattati, in quanto gli uomini perdono la loro dignità umana, o meglio, come dice l’autore, l’uomo ha sotterrato con le proprie mani la sua dignità.

Parla dell’uomo, di quello che può fare nel bene o nel male e delle sue responsabilità. L’idea che chi è straniero è un nemico è qualcosa già dentro di noi, ma quando diventa un sistema di pensiero può produrre gli atti e i gesti che portano al lager.

È accaduto e può succedere nuovamente, questo è il messaggio che Levi ci lascia.

Esso è un classico della letteratura italiana.

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