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Fra Ottocento e Novecento con autori come Hofmannsthal, Rilke, Mallarmé, lo stesso Nietzsche e in particolare Paul Valéry (1871-1945) ci imbattiamo nella figura del filosofo poeta o filosofo artista, che al sapere della ragione dominante propone di sostituire il sapere dell’anima, ovvero, in una prospettiva unitaria dell’uomo, il sapere del corpo.

Il pensiero prodotto dal corpo non si contrappone al sapere razionale, in quanto il primo è il presupposto del secondo: il corpo pensante viene prima della ragione, la eccede, alla ricerca di altri modi per dirsi. Al filosofo poeta la danza appare come la più adeguata modalità di dizione dell’essere, è attestazione dell’assoluto, momento originario del pensiero.

Paul Valéry espone questa concezione in alcune opere dedicate espressamente alla danza.

In L’anima e la danza del 1921, dialogo socratico nel quale i personaggi del Simposio platonico conversano di fronte alla esibizione della ballerina Athiktè, l’autore va alla ricerca del proprium della danza, che viene individuato in una particolare esperienza razionale del corpo, dove si compongono gli opposti.

Nell’esperienza del danzare, la dimensione fisica, quella psichica e quella spirituale sono solo nomi di un’unica realtà: il corpo che si manifesta nella danza come simbolo, come ciò che tiene insieme, rende coese nella diversità tutte le componenti della persona.

Per Valéry la danza è estasi intesa come uno spostamento nel presente e non come un’uscita da esso; spostamento da un tempo quotidiano a un tempo capace di rendere presente l’eterno.

Occorre coniugare intelligenza e sensibilità per comprendere la danza, è necessario servirsi di entrambe di queste facoltà che tale arte stimola sia chi la esegue che chi la osserva da spettatore.

Secondo Valéry la danza è poesia in azione, evento nel quale chi danza crea un mondo che non comporta alcun al di fuori, è una realtà seria, come dimostra il senso di mistero che sempre suscita il corpo nella sua organizzazione, le sue risorse, i suoi limiti, le combinazioni di energie e sensibilità che contiene.

Per Valéry chi danza incarna l’essenza stessa del pensiero liberato da ogni vincolo di tipo linguistico, dialettico o concettuale.

La danza è la forma che assume l’azione pensante per essere, è il pensare nell’atto stesso del suo prodursi.


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