L’Inghilterra si stava preparando a diventare un potente stato centrale e nel corso del tempo divenne il cuore economico dell’economia mondiale.

Mentre gli spagnoli e i portoghesi erano occupati con i popoli indigeni del Messico, gli inglesi erano occupati nel processo di pace con gli irlandesi.

Nonostante gli scontri con gli irlandesi, gli inglesi organizzarono qualche spedizione nel Nuovo mondo.

Gli inglesi avevano l’intento di esplorare le terre settentrionali lontano dai luoghi in cui gli spagnoli stavano compiendo orrende brutalità.

La prima colonia inglese fu costituita sull’isola di Baffin. La colonia verrà abbandonata appena i conquistatori inglesi si accorsero che non avevano trovato oro, ma pirite.

Il capo della spedizione, Martin Frobisher, aveva rapito qualche indigeno da portare in patria come trofeo. Questi indigeni fecero la stessa fine di quelli catturati dagli spagnoli per essere portati in patria.

Le terre conquistate dagli spagnoli e dai portoghesi si erano trasformate in un immenso cimitero disseminato di ossa.

Anche nel Nuovo Mondo, come nel Vecchio Mondo, le epidemie causavano la carestia, perché la popolazione, ridotta di numerose unità e debilitata fisicamente, non riusciva a svolgere i lavori nei campi.

Nonostante gli orrori che gli indiani avevano sopportato negli ultimi anni, la loro abilità a produrre enormi quantità di cibo sorprese i primi esploratori britannici. I campi dei nativi erano così curati che sembravano immensi giardini, anziché terre coltivate.

Il contrasto nelle maniere dei capi indiani e dei reali inglesi era molto accentuato, perché l’Inghilterra era governata dal re Giacomo I, noto per la sua mancanza di pulizia personale, per il modo volgare di parlare e perché mangiava e beveva in modo maleducato.

Molti europei voltarono le spalle alla cultura occidentale per vivere come gli indiani.

Tuttavia i primi capi erano militari che avevano partecipato alla guerra con l’Irlanda. Qualsiasi cosa pensassero dello stile di vita indiano, consideravano il popolo indiano come un popolo destinato alla conquista.

I padri fondatori delle colonie, come John Smith e Ralph Lane, intrapresero una politica di intimidazione. Ad esempio avevano osservato il profondo legame che univa genitori e figli e lo straordinario dolore che colpiva madri e padri indiani quando venivano separati dalla loro prole. Smith e Lane ogni volta che volevano avvicinarsi a un villaggio rapivano i bambini e li tenevano in ostaggio.

Gli europei che scappavano per vivere come indiani venivano inseguiti e condannati a morte.

Se un nativo veniva accusato da un inglese di un furto di una tazza e non veniva restituita, gli inglesi mettevano a ferro e a fuoco il villaggio e i campi indigeni.

Gli indiani che si recavano nelle colonie inglesi per portare cibo per gli abitanti venivano catturati, accusati di spionaggio e uccisi. Altre volte gli indiani venivano invitati dagli inglesi a visitare il loro campo per fare accordi di pace e poi venivano da loro uccisi.

Gli indiani reagirono con forza ai soprusi attaccando i coloni.

Schermaglia dopo schermaglia furono uccisi centinaia di indiani. Altri furono uccisi da complotti che miravano all’avvelenamento di massa.

Le proposte di pace degli indiani erano ascoltate solo dopo la liberazione dei prigionieri e poi, una volta che gli indiani si fossero calmati, i coloni attaccavano di nuovo.

Mentre in Virginia accadeva quanto suesposto, gli inglesi fondarono altre colonie nel New England.

L’antropologo Stanley Diamond ha notato che per i popoli come gli indiani d’America “l’uccisione era una causa”, mentre il modo di combattere descritto “è una sete di gioco”. Non importa quale sia la causa delle ostilità, la guerra è particolareggiata e ritualizzata. Al tempo della conquista dell’America, il modo di combattere europeo si era trasformato in una costruzione ideologica astratta che risulta in una morte indiscriminata, casuale e sbrigativa.

Quando gli indiani combattevano, non sussistevano massacri, anzi, quando avevano scagliato la maggior parte delle frecce, erano felici di ritirarsi. John Underhill scrisse che le guerre degli indigeni potrebbero durare anche sette anni e nessuno si farebbe male. Quando combattono su una pianura lo fanno con salti e danze, raramente vengono scagliate frecce e se qualcuno viene ferito si ritirano e lo portano in salvo. Il codice degli indiani risparmiava la vita di donne e bambini degli avversari.

Gli inglesi invece non risparmiavano nessuno in guerra.

Alla fine del XVII secolo gli indiani appresero che l’autodifesa richiedeva la comprensione del concetto europeo di guerra, ossia che le promesse degli inglesi sarebbero state infrante ogni volta che gli obblighi fossero stati in contrasto con la convenienza; che l’idea di guerra degli europei non conosceva scrupoli; che le armi dei nativi erano pressoché inutili contro le armi degli europei.

Quando la guerra di re Filippo giunse al termine, la questione da risolvere era che fine fare ai nativi americani.

Per quanto riguardava i pochi nativi sopravvissuti, erano solo due le scelte: l’annientamento o la schiavitù. Gli indiani ritenuti pericolosi furono subito uccisi, mentre donne e bambini venivano venduti come schiavi.

La legge del Connecticut stabiliva che la prigionia dei bambini finiva all’età di ventisei anni.

L’abitudine europea di uccidere indiscriminatamente donne e bambini si chiama genocidio internazionale.

I generali inglesi venivano esortati a distruggere tutto ciò che è sostenimento per la sopravvivenza dei nativi.

Nel 1783 Washington dichiarò che gli indiani non erano poi tanto diversi dai lupi.

I coloni inglesi sostenevano che gli indiani erano bestie, non c’era ragione per sentirsi oltraggiati quando si veniva a sapere che le truppe si erano divertite a scorticare gli indiani per adoperare la loro pelle per fare coperture per gli stivali o gambali.

La California era un luogo in cui sussistevano tante missioni, le quali erano un luogo di aggregazione per i popoli indiani, ma anche un luogo in cui c’era un alto livello di mortalità.

Le cause d’immortalità in questi luoghi erano le malattie introdotte dagli europei, la denutrizione. Gli spazi in cui vivevano erano molto stretti.

Gli indiani nelle missioni venivano nutriti con una tazza di cibo al giorno e ammazzati di lavoro.

Molti dei nativi decisero di astenersi dai rapporti coniugali per non avere figli, come avevano fatto i nativi dei caraibi.

La minima offesa che i nativi davano ai missionari erano punita con 15 frustate.

Ben presto si affermò l’idea tra i bianchi che era meglio rapire un bambino indiano e farlo diventare subito schiavo che far diventare schiavo un indiano adulto. Da qui si è avuta una serie di rapimenti di bambini indiani.

Nel 1850 la prima sessione della legislatura della California aveva passato una legge chiamata “legge per l’amministrazione e la protezione degli indiani”, che fece legalizzare il rapimento e la schiavitù dei popoli nativi. La legge prevedeva il contratto forzato tra il bambino indiano e qualsiasi bianco che potesse convincere il giudice che il bambino in suo possesso non fosse stato ottenuto con la forza.

Nel 1860 la legge fu estesa anche agli adulti.

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