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The Collage Post
Il tema che affronterò in questo articolo è il processo per sodomia subito da Leonardo da Vinci.
Prima di entrare in argomento occorre fare alcune premesse.
Innanzitutto deve essere chiaro che l’omosessualità è un fenomeno presente da sempre sia tra gli animali sia tra gli uomini. Le scene di sodomia rappresentate, ad esempio, su alcuni vasi greci testimoniano come tale pratica in quel periodo storico non fosse vietata. L’arrivo del cristianesimo cambiò le prospettive, e molte pratiche sessuali furono vietate perché considerate contro natura. Data la pesante ingerenza della Chiesa nella vita civile, i divieti religiosi entrarono ben presto nella giurisprudenza: ad esempio, sappiamo che nell’Italia rinascimentale erano in vigore delle leggi che vietavano la sodomia; ma in una novella del famoso Decamerone Boccaccio lascia intendere che questa fosse comunque una pratica diffusa, persino presso la corte papale. La sensazione è che formalmente la sodomia fosse un reato ma di fatto non venisse sempre punita. A Firenze la norma che vietava tale comportamento venne abolita dai Medici nel 1512 a seguito della rivolta dei “Compagnacci”, giovani aristocratici ribelli che irruppero a Palazzo Vecchio per chiederne l’abrogazione.
Tornando al procedimento istituito contro il giovane Leonardo da Vinci a seguito di una denuncia anonima che lo accusava, insieme a Leonardo Tornabuoni e Giovanna degli Albizi, di aver sodomizzato Jacopo Saltarelli, bisogna tenere presente che si trattò di un processo inquisitorio, come quello che subiva chi veniva accusato di stregoneria. In pratica, si partiva dal presupposto che l’imputato dovesse dimostrare la propria innocenza; le prove venivano raccolte dal pubblico ministero e l’imputato non aveva diritto al contraddittorio.
Il fatto che la denuncia fosse anonima si può interpretare in due modi opposti: o le accuse erano false e furono mosse per screditare i Tornabuoni e, indirettamente, i Medici che con loro erano imparentati, oppure le famiglie accusate erano talmente potenti che il denunciante aveva ritenuto di doversi tutelare con l’anonimato.
Al termine del processo, presieduto dal tribunale cardinalizio, gli imputati vennero “absoluti”, cioè “perdonati” per il reato commesso. Questa formula implicherebbe che nel corso del procedimento i tre ragazzi abbiano ammesso le loro colpe, ma non si può averne certezza perché non sono stati trovati documenti ufficiali che riportino le dichiarazioni degli imputati. Quindi, come sono andate le cose? Forse i tre hanno confessato un crimine non commesso pur di essere graziati? Oppure il fatto che la sodomia fosse una pratica diffusa ha indotto il tribunale a concedere il perdono ai tre giovani, anche per non mettersi contro i potenti casati fiorentini? O forse ancora, il tutto è stato una montatura, parte di un piano per screditare le famiglie coinvolte?
La verità sul caso resta molto nebulosa. D’altra parte, in mancanza di elementi chiari e incontestabili non sta a noi giudicare l’episodio. Né, tantomeno, abbiamo diritto a criticare la vita privata dell’artista: è probabile, anche se non certo, che Leonardo abbia avuto rapporti intimi con persone del suo sesso, anche perché nelle botteghe degli artisti era normale che ci fosse molta promiscuità tra i vari pittori, che erano tutti uomini.
Ma il giudizio personale non cambia il fatto che il da Vinci ci abbia lasciato opere uniche, che possiamo ammirare ancora oggi.