
The Collage Post Foto di Gerd Altmann da Pixabay
The Collage Post
Un argomento che mi sta a cuore e che, pertanto, non voglio tralasciare in questo blog è il bullismo nelle scuole.
Troppo spesso, quando un genitore denuncia atti di bullismo sul proprio figlio, il corpo docente si mostra sgomento. Gli insegnanti dichiarano di non saperne niente, di non essersi mai accorti di nulla e che l’allievo è ben inserito nel contesto scolastico.
La mia idea è che tali dichiarazioni non siano vere, e che anzi i docenti sappiano bene cosa succede nella classe; il problema è che non hanno voglia di intervenire, anche perché ammettere di non riuscire a gestire gli alunni che sono loro affidati equivarrebbe a una sconfitta.
A volte gli insegnanti non intervengono perché lavorano in scuole private e hanno paura che una loro azione nei confronti degli allievi che si comportano da bulli possa cagionare l’allontanamento di questi ultimi dal plesso scolastico, con conseguente danno economico per la struttura. In realtà , astenendosi dall’intervenire, minano la loro credibilità e quella della scuola.
Io non manderei mai mio figlio in un istituto nel quale i docenti si mostrassero restii a intervenire contro gli atti di bullismo o – peggio ancora – li etichettassero come “ragazzate”, perché affermazioni di questo tipo sono tipiche di coloro che hanno scarse competenze relazionali e sociali. Mi chiedo come queste persone possano tutelare i minori se loro stesse non sanno qual è il confine da non superare. Ritengo che le scuole che adottano una tale politica siano da evitare.
La legge italiana su questo punto è chiara: il dirigente scolastico e i docenti, se non intervengono, sono colpevoli tanto quanto i bulli, soprattutto considerando che rivestono un ruolo di garanti nei confronti degli studenti.
Gli allievi che non prendono posizione sono anch’essi colpevoli, perché basterebbe poco per porre fine alle vessazioni.
A me è capitato che alcune compagne di corso cominciassero a fare insinuazioni sulla moralità di un’altra mia compagna, sostenendo che aveva una relazione con un docente, e schernendola per questo. Intervenni dicendo che ero contenta di non aver mai dato loro confidenza perché non erano affatto delle belle persone, visto che calunniavano ingiustamente una di noi rovinandole la reputazione. Infine aggiunsi che, se pure fosse stato vero ciò che sostenevano, comunque non era cosa che le riguardava, considerato che gli interessati erano persone maggiorenni e libere di decidere della propria vita, e che la loro relazione non avrebbe influito sugli esiti del corso, non essendo prevista una valutazione finale.
Vi posso assicurare che le compagne smisero subito di pettegolare e accusarono il colpo.
Alcuni studenti pensano che, in quanto minori, non siano imputabili.
Ma anche su questo la legge italiana è chiara: a partire dai 14 anni le persone sono responsabili davanti alla legge delle loro azioni, e possono subire un processo penale; nel caso dei reati di bullismo, una eventuale condanna comporta costi non indifferenti se si considera che bisogna risarcire gli insegnanti e la vittima, oltre a pagare le spese processuali. Insomma, fare i bulli mi sembra che si possa definire un comportamento dispendioso.
Alle vittime di bullismo posso soltanto dire che gli anni scolastici sembrano non finire mai ma invece finiscono e che, contrariamente ai loro aguzzini, loro diventeranno probabilmente delle persone realizzate e felici. I bulli, invece, divengono spesso adulti infelici, perché i loro comportamenti sono distruttivi e fanno terra bruciata intorno a chi li mette in atto.
L’articolo di Alessia Coniglio sul bullismo nelle scuole è una presa di posizione ferma e chiara, e rappresenta un’indicazione etica per gli indecisi e i pavidi che stentano a prendere posizione.
A volte, per riuscire a prendere posizione, basta guardare con lucidità le cose nella giusta prospettiva, e così diventa più semplice trovare quei famosi 20 secondi di coraggio per denunciare.