The Collage Post Foto di ArtTower da Pixabay

The Collage Post

Il caso della nave Zong, che veniva usata per la tratta degli schiavi africani, è uno degli episodi più celebri di uccisione di massa.

Gli schiavi uccisi furono ben 142 e la strage scosse talmente tanto l’opinione pubblica che, a seguito del processo, si creò un movimento per promuovere la liberazione degli schiavi, ponendo le premesse per la guerra di secessione americana.

Il 18 agosto 1781, quando salpò, la Zong aveva un equipaggio di 17 uomini e imbarcò molti più schiavi di quelli che avrebbe potuto trasportare.

Di particolare importanza nella vicenda sono i rifornimenti d’acqua che la Zong fece durante il viaggio, perché sarà proprio questo “dettaglio” a dare una svolta decisiva al processo.

La nave si fermò per rifornirsi d’acqua il 6 settembre a São Tomé; il 18 o 19 approdò a Tobago, nei Caraibi, per la stessa ragione.

A causa delle scarse condizioni igienico-sanitarie e del sovraffollamento a bordo, molte persone dell’equipaggio si erano ammalate ed erano morte, insieme a 62 schiavi.

Durante il processo James Kelsall dichiarò che vi era acqua solo per quattro giorni, mentre per arrivare in Giamaica ne servivano ancora da 10 a 13.

A questo punto occorre fare una macabra precisazione: l’assicurazione non avrebbe risarcito l’armatore se gli schiavi fossero morti a terra o per malattia, ma avrebbe pagato se gli schiavi fossero stati buttati in mare per salvare il carico della nave. Il premio dell’assicurazione ammontava a 39 £ per schiavo.

Il 29 novembre l’equipaggio della Zong decise di buttare in mare 54 schiavi tra donne e bambini.

Il 1° dicembre la stessa sorte toccò a 42 uomini, e poi ad altri 36 nei giorni successivi. Ben 10 schiavi si buttarono in mare per sfuggire al trattamento disumano cui erano sottoposti.

Il 22 dicembre la nave arrivò in Giamaica con 1.900 litri d’acqua, perché il 1° dicembre, il giorno in cui erano stati uccisi 42 schiavi, aveva piovuto tanto che era stato possibile riempire 6 botti d’acqua, sufficienti per 11 giorni. Gli schiavi superstiti erano meno della metà.

L’assicurazione si rifiutò di risarcire le perdite all’armatore della nave, così il 6 marzo 1783 si aprì il processo. Questo si concluse in favore dell’assicurazione perché non fu dimostrata la necessità di buttare in mare gli uomini, essendoci ancora acqua sulla nave.

L’equipaggio non fu mai condannato per l’omicidio di quelle povere persone in quanto anche la legge le riteneva semplici merci.

Questo drammatico episodio ci mostra le dure condizioni di vita degli schiavi nel vergognoso periodo della tratta e gli abusi che hanno dovuto subire.

2Shares