
Foto di David Mark da Pixabay The Collage Post
The Collage Post
La storia che sto per raccontarvi si svolge tra gli anni Trenta e la Seconda guerra mondiale.
Negli anni Trenta in America il partito comunista perse molti consensi, anche a seguito del patto Molotov-Ribbentrop con cui la Russia si alleava ufficialmente col Terzo Reich.
Nello stesso periodo, ad Hollywood, due grandi scioperi nell’industria cinematografica crearono tensione tra i produttori e i sindacati.
Questi fatti indussero il governo statunitense a porre l’attenzione sui possibili legami tra Hollywood e il partito comunista, al punto che la Commissione per le attività antiamericane (HUAC) pubblicò nel 1938 un rapporto in cui si sosteneva che il comunismo era diffuso a Hollywood.
Due anni dopo John L. Leech, ex membro del partito comunista americano, elencò al presidente della HUAC, Martin Dies, i nomi di molti professionisti del settore cinematografico che sosteneva fossero comunisti, e rese la stessa confessione davanti a un grand jury di Los Angeles.
Le persone imputate collaborarono con la Commissione per le attività antiamericane e furono prosciolte dalle accuse, tranne Lionel Stander, che fu licenziato dalla casa produttrice con cui era sotto contratto.
L’alleanza stretta durante la guerra tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica portò credibilità al partito comunista, ma con la fine della Seconda guerra mondiale il comunismo tornò ad essere oggetto di odio e fonte di paura per gli americani. Nacquero correnti politiche decisamente anticomuniste, come il maccartismo.
Nel 1946 la rivista The Hollywood Reporter pubblicò due liste con i nomi dei presunti simpatizzanti comunisti di Hollywood. Su questa base, la Commissione per le attività antiamericane citò diversi professionisti di Hollywood a testimoniare in un processo che aveva lo scopo di valutare se i simpatizzanti comunisti stessero utilizzando i film per fare propaganda.
Dieci personaggi che erano nella lista si rifiutarono di rilasciare testimonianze sulla base del primo emendamento, e furono etichettati come “testimoni ostili”.
Alcune celebrità organizzarono un comitato per il primo emendamento per protestare contro il governo, che aveva preso di mira l’industria cinematografica.
Il 24 novembre la Camera approvò, con 346 voti favorevoli e 17 contrari, le accuse di oltraggio al Congresso contro i “dieci di Hollywood”.
La stampa comunicò che i dieci di Hollywood sarebbero stati licenziati o sospesi senza risarcimento e non riassunti finché non fossero stati assolti dalle accuse di oltraggio e non avessero giurato di non essere comunisti.
Dopo una serie di ricorsi, i dieci di Hollywood furono condannati a un anno di prigione. Nel settembre del 1950 uno dei dieci, il regista Edward Dmytryk, ammise di essere stato comunista; fu rilasciato dal carcere e raccontò la sua breve affiliazione al partito facendo i nomi di altri membri. In seguito a questi fatti la sua carriera decollò.
Gli altri rimasero in silenzio e non riuscirono a lavorare nel cinema per moti anni, o lo fecero sotto falso nome.
Molte organizzazioni incrementarono la lista nera, indicando altre persone come comunisti.
Nel 1951 la HUAC aprì una seconda inchiesta sul comunismo ad Hollywood.
Fu l’inizio di una caccia contro i comunisti in tutti i rami industriali dello spettacolo, che distrusse intere famiglie e costrinse aziende del cinema a chiudere perché a corto di personale.
I soggetti interrogati che si rifiutavano di collaborare sulla base del quinto emendamento (contro l’autoincriminazione) venivano inseriti nella lista nera.
L’accusa di comunismo divenne un’arma di ricatto in mano alle agenzie: gli attori che non accettavano o rifiutavano una parte venivano infatti etichettati come comunisti.
La fine della lista nera ebbe inizio con la vicenda del radiofonico John Henry Faulk, licenziato dalla CBS radio dopo essere stato etichettato come comunista dalla AWARE, una società privata che indagava sulla vita dei lavoratori dello spettacolo per verificare le loro inclinazioni politiche.
Nel 1957 Faulk citò in giudizio la AWARE per il danno professionale e finanziario subito.
Nel 1962 Faulk vinse la causa, creando un precedente giuridico con il quale si ritenevano responsabili per danni professionali e finanziari i privati che stilavano liste nere e coloro che ne usufruivano.
Questa sentenza mise fine alla pratica delle liste nere e tutti gli attori che ne erano stati vittime ottennero pian piano la riabilitazione.