The Collage Post Photo by Travis Gergen on Unsplash

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The Collage Post Photo by Benjamin Suter on Unsplash

Tutti quanti noi conosciamo la storia di Dumbo, l’elefantino reso famoso dal film della Disney che fa della diversità un punto di forza. Poche persone, però, sanno cosa accadde durante la creazione del film. Occorre fare una premessa: la casa produttrice, ovvero la Walt Disney Company, negli anni Trenta aveva goduto di grandi successi; era passata da cortometraggi di pochi minuti in bianco e nero a film come Biancaneve o Pinocchio. Verso la fine di quello stesso decennio, a seguito di difficoltà economiche e tumulti sociali nel paese, i sindacati di Hollywood iniziarono a protestare per migliorare le condizioni economiche dei lavoratori. Walt Disney aveva creato un ambiente di lavoro all’avanguardia che, pensava, sarebbe “bastato” ai suoi dipendenti: difatti negli studi erano presenti locali adibiti a palestre, mense e persino officine meccaniche! Tuttavia il salario dei disegnatori era pessimo, dato che oscillava fra un minimo di 12$ e un massimo di 300$. Poteva accadere inoltre che due persone con la stessa mansione non venissero pagate nello stesso modo e che non usufruissero degli stessi diritti, come ad esempio la pausa pranzo.
Il sindacato dei disegnatori decise quindi di convocare lo sciopero della categoria per il 26 maggio del 1941, per tentare di migliorarne le condizioni lavorative. Disney licenziò alcuni dei disegnatori che avevano aderito allo sciopero: tra questi c’era Babbitt, disegnatore di punta della Disney. In seguito a questo episodio, il 29 maggio 1941, durante la produzione di Dumbo, 334 lavoratori incrociarono le braccia e incominciarono a picchettare fuori dagli uffici a Burbank.  La scena del film Dumbo in cui i clown si organizzano per chiedere l’aumento del salario al principale contiene le caricature di alcuni scioperanti. Sempre in quell’anno Walt Disney rilasciò un’intervista su Variety nella quale dichiarò che lo sciopero dei fumettisti e degli animatori era opera dei comunisti. Nel 1947 Disney fornì alla Commissione per le attività antiamericane i nomi di diversi suoi ex dipendenti che potevano a suo avviso essere comunisti. Dopo dure lotte sindacali, nel settembre del 1941 le ore settimanali di lavoro divennero 40, spalmate su cinque giorni; fu duplicato inoltre il numero dei dipendenti e questi ottennero il riconoscimento del loro lavoro nei film. Coloro che si erano mostrati simpatizzanti nei confronti del sindacato vennero allontanati, e anche in seguito essi furono i primi ad essere licenziati se occorreva fare dei tagli, mentre quelli che rimanevano subivano mobbing. Oggi i disegnatori della Disney lavorano ancora in condizioni precarie e a ritmi estenuanti, e la Disney continua ad essere un impero antisindacale.

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